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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2013 alle ore 11:05.

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Andrew Mason (Epa)Andrew Mason (Epa)

La favola di Groupon, il più popolare sito al mondo di buoni sconto e promozioni online, è già finita? Probabilmente no, ma il licenziamento del Ceo e co-fondatore Andrew Mason - ufficializzato ieri, 24 ore dopo l’annuncio di una trimestrale con perdite superiori alle previsioni – è un brutto colpo per la compagnia e notizia che non passa certo inosservata. Anche se, dati e indiscrezioni alla mano, non sorprende fino in fondo.

Dopo tre anni di continua escalation e 18 mesi molto difficili, Mason ha dovuto incassare suo malgrado la decisione degli azionisti e la società di Chicago è ora affidata ad interim al presidente esecutivo Eric Lefkofsky e al vicepresidente Ted Leonsis. L’ex numero uno paga sia gli ultimi deludenti risultati finanziari del gruppo che (soprattutto) la rovinosa caduta del titolo negli ultimi 12 mesi: oggi veleggia intorno ai 4,5 dollari, per una capitalizzazione vicina ai 3 miliardi di dollari, e rispetto al prezzo di collocamento sui listini del Nasdaq (avvenuto nel novembre del 2011) ha perso circa il 75 per cento del suo valore.

I numeri che hanno stroncato la carriera in Groupon di Mason – che in una lettera ai dipendenti scrive ironicamente di voler “trascorrere più tempo con la famiglia” - sono i seguenti (e relativi alla chiusura del quarto trimestre fiscale 2012): perdita netta di 81,1 milioni di dollari, lievitata del 24 per cento anno su anno, e rosso di 12 centesimi di dollaro per azione, contro i 3 centesimi di utile stimati dagli analisti di Wall Street. Il fatturato del periodo è salito per contro del 29,7 per cento a 638 milioni di dollari, di cui 263 milioni provenienti dal business fuori dagli Usa. Ed anche il giro d’affari dell’intero esercizio, arrivato a 2,33 miliardi, è in attivo del 45 per cento rispetto al 2011.

A Mason non è quindi bastato evidenziare come il valore complessivo delle transazioni effettuate online dagli utenti sia in costante aumento, avendo superato quota 1,5 miliardi di dollari a fine 2012, in aumento del 23,5 per cento. E non è servito all’ex Ceo neppure aver diminuito sensibilmente (del 61 per cento) le spese di marketing ed aver aumentato in modo altrettanto cospicuo il numero degli utenti attivi sulla piattaforma, cresciuto del 22 per cento negli ultimi 12 mesi, a 41 milioni.

A margine del licenziamento, dalla società è sortito uno scarno comunicato in cui si conferma che “Groupon continuerà ad investire” e si ribadisce che la compagnia “è ben posizionata per il futuro”. L’apertura verso il mondo dei telefonini e tablet, in effetti, è già stata avviata con degni risultati, in virtù del fatto che, nell’ultimo trimestre, il 40 per cento delle transazioni effettuate in Nord America è stato generato attraverso un dispositivo mobile. Un robusto 44 per cento in più rispetto alla fine del 2011.

A Mason è costato quindi molto caro il flop dell’ultimo periodo, l’incapacità del titolo di riprendersi in Borsa e la conferma di un outlook sul trimestre corrente ancora in ribasso, scenario che per gli investitori non è stato più tollerabile. E la questione della sostenibilità del business model di Groupon è tornata al centro delle discussioni della comunità finanziaria.

La mail di Mason ai dipendenti

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