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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2013 alle ore 08:17.
Ammesso che salti il tavolo aperto con Cairo, può l'offerta di Clessidra per Ti media tornare all'esame del consiglio Telecom? È appesa a questa duplice incognita la speranza di Claudio Sposito di tornare in pista. Per ora la nuova offerta del fondo di private equity non ha però convinto Telecom: il nodo resta sempre la valutazione dei mux, i tre canali digitali, sui quali il gruppo ha già investito negli anni 350 milioni, che sono dentro a Ti-broadcasting e quindi sotto Ti-media, a sua volta controllata al 77,78% da Telecom. La perizia commissionata a Citibank indica per i multiplex un valore compreso tra 300 e 400 milioni, ma Clessidra si sarebbe fermata a 250 con l'ultimo rilancio di 50 milioni: 150 milioni in contanti e il 40% di mux a Telecom. Dalla parte del fondo di private equity si sostiene che in realtà l'offerta sarebbe vicina ai 300 milioni.
Su La 7 invece c'è poco da ricamare: comunque la si giri, Telecom deve pagare perchè qualcuno se la prenda. Nonostante la valenza "politica" dell'emittente (che peraltro ha scatenato una contesa tutta interna a uno stesso schieramento di riferimento), i conti, in rosso per una centinaio di milioni l'anno e il pareggio mai raggiunto, sono tali da far tremare i polsi a chiunque. L'offerta di Cairo è stata preferita semplicemente perchè lasciava i mux a Telecom, libera di testarne il valore al momento opportuno o di utilizzare una parte delle frequenze per il core business. La base di accordo era che La7 Srl sarebbe stata consegnata pulita dai 63 milioni di debiti infragruppo e irrobustita da un aumento di capitale da 95 milioni a carico del venditore: comunque con un patrimonio netto non inferiore a 145 milioni. Un bel regalo, ma non sufficiente ad assicurare lunga vita all'emittente. Se infatti la tv continuasse a perdere al ritmo degli ultimi tempi (e l'incertezza del dopo voto non depone a favore), nell'arco di un anno e mezzo la dote andrebbe completamente in fumo.
È quando si è andati a discutere i dettagli, però, che si è toccato con mano quanto la coperta sia davvero corta. Uno dei punti principali riguarda lo sconto sull'affitto dei multiplex, richiesto da Cairo per tentare la ristrutturazione, che va a incidere, in diminuzione, sulla redditività dei multiplex. Con in più il rischio che la tv in uscita dal gruppo inneschi un effetto di richieste di sconto a catena sugli altri clienti. Altra discriminante di rilievo è il lock-up, l'impegno a non rivendere l'emittente prima di 18 mesi. Se la missione di riportare i conti in equilibrio si rivelasse impossibile, Cairo avrebbe tutto l'interesse a chiudere i rubinetti prima di veder scorrere via anche la propria liquidità, pari a una cinquantina di milioni. Ma se la penale per abbandonare la scena in anticipo fosse non solo simbolica, il rischio diventerebbe forse troppo alto per l'imprenditore dei media che si è fatto da sè. È un corollario, ma ovviamente in discussione c'era anche la penale per evitare la distrazione del "tesoretto", concesso in dote, verso altri lidi che non fossero la ristrutturazione dell'emittente.
Insomma, il quadro è sufficientemente confuso. Quanto basta per suggerire a Diego Della Valle di stare alla finestra. Già a metà febbraio l'imprenditore della Tod's si era fatto avanti, inviando una lettera al presidente esecutivo di Telecom, Franco Bernabè, con una proposta per La7 che – in quanto ancora allo stadio di manifestazione d'interesse preliminare – era stata giudicata fuori tempo massimo. Della Valle, nuovamente contattato da Sposito, ha riconfermato il suo interesse: se chi avrà le carte in mano lo chiamerà, lui andrà a vedere.
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