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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2013 alle ore 07:25.

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(Corbis)(Corbis)

L'ipotesi non è certo la più probabile, ma non viene esclusa. Il successo nei Paesi mediterranei di partiti e movimenti di protesta contro l'austerità o addirittura antieuropei (come il Fronte Nazionale in Francia, Alba Dorata in Grecia e così via) sta avvicinando a un nuovo turning point nella crisi dell'euro: da una parte c'è un salto di qualità sul percorso dell'integrazione fiscale, bancaria e politica, dall'altro la strada di uno "sdoppiamento" dell'euro, col ritorno a un sistema di cambi flessibili. Anche la Germania, che pure dall'adozione della moneta unica ha incassato un ricco dividendo, vede affacciarsi sulla scena politica movimenti come "Alternativa tedesca" guidato dall'ex presidente della Confindustria tedesca Olaf Henkel, da sempre favorevole a un "euro a due velocità".

E quindi: quanto è verosimile l'ipotesi la Germania, anziché procedere a una mutualizzazione dei debiti, decida di abbandonare l'euro assieme a un nucleo ristretto di Paesi come l'Austria o la Finlandia? Quali sarebbero le conseguenze per l'Italia (assieme a Francia e Spagna)? Ecco cosa ne pensano alcuni analisti.

«Non ci sono scorciatoie sul percorso di riforme strutturali»
Per Edoardo Chiozzi Millelire, responsabile per l'Italia di Convictions AM, se domani la Germania dovesse decidere di abbandonare l'euro in modo unilaterale sarebbe la fine non solo della zona euro, ma dell'intera impalcatura europea. «La Francia non permetterà mai la realizzazione di un simile scenario: o l'euro e l'Europa si fa con la Germania e la Francia unite o non si fa. Se l'euro dovesse esplodere è difficile fare una stima delle conseguenze di una simile tragedia». Il risultato? Per Chiozzi la deflagrazione a catena inizierebbe con un «riallineamento delle neo-valute con svalutazioni massicce dei Paesi più deboli, fallimenti e nazionalizzazione della maggior parte delle banche, fallimenti a catena, inflazione fuori controllo, massicce fughe di capitali, credito contingentato, crollo dei salari reali (con la chimera di salari nominali stabili), guerra commerciale protezionismo, autarchia». E' per questo che tale scenario, che ricorda purtroppo tempi molto bui per l'Europa, non si realizzerà. «Non è un caso se nel momento più drammatico e difficile della crisi greca - sottolinea Chiozzi - la stragrande maggioranza della popolazione è sempre rimasta favorevole a mantenere il paese saldamente ancorato alla zona euro e all'Europa nonostante i sacrifici che cio' implicava».

Ma se per assurdo la Germania con un nucleo di satelliti "virtuosi, protestanti e bevitori di birra", per riprendere alcuni clichés, colta da un raptus di follia nonostante la disoccupazione ai minimi storici e un'economia fra le più sane del mondo sviluppato, decidesse di voler uscire dalla zona euro infrangendo tutti i patti e le obbligazioni internazionali sottoscritte finora? «Sarebbe realistico - si chiede Chiozzi - che riesca in quest'impresa in modo più o meno "ordinato" e senza provocare lo sfascio del resto della zona euro e della costruzione europea? Quanto durerebbe una zona euro imperniata su Francia, Italia e Spagna? E a cosa servirebbe? Purtroppo o meglio per fortuna non ci sono scorciatoie al processo di riforme strutturali profonde che dobbiamo fare per recuperare competitivitá e capacitá di crescita sul lungo periodo».

«Scenario da non escludere»
Pier Alberto Furno, ceo di Nemesis AM, teme invece l'arrivo di un'altra tempesta e ritiene che lo scudo antispread serva alla Bce solo per guadagnare tempo. «Uno tra gli scenari che possiamo immaginare come soluzione alla crisi attuale - sottolinea - è che la Germania si rifiuti di pagare il conto (rappresentato dal 10% del proprio Pil) dei Paesi colpiti dalla crisi per mantenerli all'interno dello schieramento della valuta unica, dando vita ad un euro forte e un euro svalutato. Dobbiamo dare a questo scenario una possibilità sempre più in crescita rispetto ad altre, per effetto del disagio sociale che nel frattempo aumenta nei Paesi del sud dell'Europa».

«Nell'ipotesi di cambi flessibili fondamentale il ruolo della Bce»
Per Matteo Paganini, chief analyst FXCM, la Germania e i Paesi del Nord Europa, si trovano di fronte a due potenziali strade: accettare la mutualizzazione dei debiti o reintrodurre flessibilità sui cambi dell'eurozona. «Accettare di dividersi i debiti risulta la strada meno verosimile, in quanto quando essi dovessero arrivare a situazioni di insostenibilità oggettiva, potrebbero essere azzerati o di molto ridimensionati (si pensi alla Grecia). La scelta di adottare un euro a due velocità, di contro, metterebbe i Paesi appartenenti all'"euro due" in posizione di forza relativa dal punto di vista della competitività internazionale, cosa che ai Paesi del Centro Europa potrebbe non piacere, ma che risulterebbe sostenibile nel medio periodo a causa dei differenziali competitivi (trasformatisi già in effetti reali) guadagnati finora».

Secondo Paganini questo scenario, a patto di istituire due organismi centrali di controllo delle politiche monetarie, potrebbe essere una strada intelligente per ridare fiato a quei Paesi che se continuano su questa strada di austerity, mancanza di politiche fiscali accomodanti e disoccupazione in crescita, vedono il proprio destino segnato. «Di fronte all'istituzione infatti di un euro da adottare nel Sud Europa (con Malta e Cipro, oltre ai soliti citati) ci si troverebbe di fronte ad una situazione dove la valuta potrebbe subire delle consistenti svalutazioni rispetto all'"euro uno", il che aiuterebbe i diversi Stati a recuperare competitività internazionale, ma dal punto di vista interno ci si troverebbe in una situazione di difficoltà nell'andare a ricomprare il debito (che verrà espresso nella valuta nuova di riferimento), a meno che lo statuto della nuova Banca Centrale preveda di sostenere la crescita, tramite stampa di moneta per sostenere politiche di riacquisto del debito per remissioni a tassi più convenienti (questa volta un tasso comune per evitare ulteriori distorsioni, inutile dirlo) per i diversi appartenenti al sistema».

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