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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2013 alle ore 06:42.

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Nell'inchiesta Mps, si allarga il fronte d'indagine sulla "banda del 5%", il gruppo di manager che avrebbe tratto profitti illeciti dalle commissioni sulle operazioni di finanza derivata e strutturata. Ieri sono state fatti nuovi sequestri in tutta Italia, per un ammontare di 6 milioni, a carico di Gian Luca Baldassarri, ex responsabile dell'area finanziaria del Montepaschi, del suo ex vice Alessandro Toccafondi, oltre a David Ionni, broker esterno alla banca (riconducibile secondo la procura di Siena alla società Enigma) e Antonio Pantalena, manager interno alla struttura finanziaria della banca.
Quest'ultimo è la prima volta che compare negli atti degli inquirenti. Finora si era parlato di 5 professionisti: Baldassarri, Toccafondi (dipendenti di Mps), Ionni, Fabrizio Cerasani e Luca Borrone (broker esterni). Ora spunta un nome in più, e secondo i procuratori Nastasi, Natalini e Grosso il numero potrebbe aumentare ulteriormente. Così come il denaro da recuperare, accumulato in oltre dieci anni di truffe.
Per questi nuovi 6 milioni, costituiti sia da somme che da titoli, i sequestri sono avvenuti in molte città italiane e in varie sedi bancarie (tra cui Banca Profilo). In largha misura sono soldi riconducibili a Toccafondi.
Dall'inizio delle indagini, sono stati "bloccati" in tutto 46 milioni. Un mese fa la Guardia di finanza aveva già messo i lucchetti a 40 milioni, di cui quasi la metà riferiti a Baldassarri. Si tratta di 18 milioni depositati presso la UniCredit Private di Bologna, il resto quasi tutto in banche straniere: oltre 9 milioni presso la Ubs di Lugano, 2,4 milioni nella sede di Ubs di Zurigo, 2,1 milioni presso la Commerzbank International. A questo si aggiunge un pacchetto di azioni e finanziamenti. Nel decreto di inizio febbraio si parlava di «sicura provenienza illecita delle liquidità e dei totali amministrati (a mezzo fiduciarie)» che rappresenterebbero la prova «degli ipotizzati reati mediante reiterate condotte fraudolente». Altri 10 milioni erano stati poi sequestrati a Toccafondi, in varie banche tra cui la Cassa Lombarda, la Mediolanum e una polizza Hansard depositata presso la Banca Cis, ex banca partner in San Marino.
I 6 milioni sequestrati ieri sono «rinvenuti in seguito allo sviluppo di segnalazioni per operazioni sospette ai fini della prevenzione del riciclaggio», come sottolinea la nota del nucleo valutario della Gdf.
Quello sulla banda del 5% si sta rivelando un filone d'indagine complesso, sotto il profilo tecnico-finanziario e per la molteplicità di soggetti coinvolti. L'inchiesta sull'acquisto di Antonveneta da parte di Banca Mps viaggia più speditamente e, per quanto riguarda le ipotesi di reato su manipolazione del mercato, falso in bilancio e ostacolo alla vigilanza, sembra essere già a buon punto. Gli interrogatori ricominceranno la prossima settimana e sabato 16 sarà sentito per la terza volta l'ex direttore generale Antonio Vigni.
Ma il fronte giudiziario si allarga e ormai spazia in più direzioni. Ieri è stato convocato di nuovo dai magistrati fiorentini Alberto Monaci, presidente del Consiglio regionale della Toscana, ascoltato per due ore come persona informata dei fatti in merito a un'ipotesi di patto riservato tra il coordinatore del Pdl Denis Verdini e l'ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi. E, sempre ieri, la Guardia di Finanza ha effettuato una serie di controlli nelle abitazioni e negli uffici dei consiglieri d'amministrazione di Mps, Michele Briamonte e Lorenzo Gorgoni (che non sono indagati), a Torino Milano e Lecce, su richiesta della procura di Siena. La nuova indagine è a carico di ignoti per il reato di insider trading, dopo che la banca di Rocca Salimbeni ha presentato un esposto sulla fuga di notizie e le anticipazioni di stampa (vedere il Sole 24 Ore di venerdì 1 marzo) in merito alla decisione del cda senese di fare azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori, Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, e delle banche d'affari Nomura e Deutsche bank.
«Massima apertura e collaborazione con la Guardia di finanza e la magistratura: per quanto mi riguarda, sono del tutto tranquillo», ha commentato Briamonte, avvocato torinese dello studio Grande Stevens, tra i legali del gruppo Fiat, in consiglio a Siena dallo scorso aprile come indipendente. «La perquisizione ha avuto esito negativo e non sono stati acquisiti documenti», puntualizza Gorgoni, ex azionista e leader di Banca 121, entrato nel 2003 a Rocca Salimbeni (di cui oggi possiede l'1,7%).
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