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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2013 alle ore 08:38.
Gli Stati Uniti produrranno ben presto più petrolio di quanto non abbiano bisogno di importare. L'Energy Information Administration (Eia), braccio statistico del dipartimento per l'Energia, prevede che il superamento di questo nuovo traguardo avverrà in ottobre, quando – per la prima volta da 17 anni – gli Usa avranno importazioni nette di greggio più basse della produzione domestica: 7,2 contro 7,5 milioni di barili al giorno.
Anche se per l'intero 2013 l'output resterà al di sotto delle importazioni (7,31 contro 7,58 mbg), la svolta prevista per il prossimo autunno non sarà transitoria. Nel 2014 l'Eia ritiene che gli Usa estrarranno in media 7,88 mbg, 840mila in più rispetto ai barili che acquisteranno all'estero.
Lo scenario prospettato dai tecnici del Governo americano rafforza quella che è ormai una realtà sotto gli occhi di tutti: grazie all'enorme successo dello shale oil, il greggio estratto dalle rocce argillose, gli Stati Uniti sono tornati ad essere una potenza sui mercati petroliferi. Secondo l'Agenzia internazionale per l'Energia (Aie) gli Usa entro il 2020 potrebbero diventare il primo produttore di greggio mondiale, scavalcando l'Arabia Saudita. E per gli americani il sogno di liberarsi dalla dipendenza dal petrolio estero, benché tuttora lontano dalla realizzazione, non sembra più una mera utopia: le loro importazioni petrolifere sono in costante calo e secondo alcuni analisti potrebbero in futuro essere limitate quasi esclusivamente al greggio canadese (il cui output è anch'esso in forte aumento grazie alle sabbie bituminose).
Lo scorso dicembre la Cina ha sorpassato gli Usa nelle importazioni petrolifere nette (greggio più prodotti raffinati), soffiando a Washington un primato che deteneva dagli anni '70 (si veda Il Sole 24 Ore del 5 marzo).
A rafforzare questa tendenza c'è anche la debolezza dei consumi interni. Nel rapporto mensile di ieri l'Eia stima che la domanda Usa sia diminuita del 2,1% nel 2012 a 18,55 mbg, il minimo da 16 anni. Per il 2013 e il 2014 è prevista una ripresa, che tuttavia sarà molto limitata: +0,2% seguito da un +0,4 per cento.
Grazie al basso costo della materia prima greggio, che gonfia i margini di raffinazione, gli Usa stanno inoltre accrescendo la propria competitività sul mercato dei carburanti, di cui sono oggi diventati esportatori netti. Le importazioni nette di greggio e prodotti, che nel 2005 superavano 12,5 mbg, si sono oggi dimezzate: la previsione Eia per il 2013 è 6,52 mbg, -12% rispetto all'anno scorso. Nel 2014 gli Usa dovrebbero scendere sotto 6 mbg per la prima volta dal 1987.
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