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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2013 alle ore 06:43.

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Il Leone fa cassa con Banca Generali. Il gruppo assicurativo triestino ha annunciato ieri la cessione fino al 12% del capitale sociale della sua controllata Banca Generali di cui detiene attualmente una quota del 63,5 per cento. Il pacchetto messo in vendita - alla chiusura di ieri il titolo quotava 14,59 euro (-0,68%) - vale all'incirca 200 milioni ed incorpora una plusvalenza poderosa tenuto conto che le azioni sono contabilizzate a circa 4 euro.
La cessione sul mercato, che nella serata di ieri era già prossima alla conclusione - un comunicato sul closing è atteso stamani prima dell'apertura delle contrattazioni - avverrà con il meccanismo dell'accelerated bookbuilding affidato a Mediobanca e Ubs. In linea con analoghe operazioni le azioni di Banca Generali verranno offerte ad una platea di investitori istituzionali con uno sconto che ieri veniva indicato tra il 5 ed il 7 per cento. Il guadagno comunque ci sarà e, considerando la plusvalenza (intorno a 150 milioni), incrementerà nel secondo trimestre dell'anno gli utili netti del gruppo.
Una nota di Generali giustifica la vendita con l'obiettivo di «ottimizzare l'allocazione di capitale con un miglioramento dell'indice di Solvency I» che dovrebbe crescere di circa un punto e mezzo. Il gruppo manterrà comunque il pieno controllo della banca attiva nella vendita di polizze e prodotti del risparmio gestito continuando a «beneficiare - sottolinea la nota - di un canale distributivo strategico» che lo scorso anno ha veicolato circa un quarto della produzione vita del gruppo in Italia. Con l'operazione il ceo triestino Mario Greco ha voluto inviare al mercato un segnale sulla sua determinazione a centrare l'annunciato piano di dismissioni per 4 miliardi attese entro il 2015. E che, nell'immediato riguarderà soprattutto le attività riassicurative in Usa e la Bsi, dossier sui quali sono in fase avanzata i contatti con i potenziali acquirenti. Ma vi sono anche altre ragioni.
In un contesto dei mercati che nelle prossime settimane potrebbe divenire più problematico anche per fatti esterni al gruppo (ad esempio la difficoltà di far nascere un governo in Italia) la compagnia triestina riduce l'allocazione del capitale nella penisola cogliendo una finestra favorevole per limare la partecipazione in una società reduce da una storia di successo in Borsa (nel 2005 Banca Generali fu quotata ad 8 euro) e che continua a macinare nuovi record di raccolta, l'ultimo reso noto proprio martedì scorso. Nel track record della banca c'è anche l'effetto positivo, non ricorrente, che lo scorso anno si è riverberato sui suoi utili con l'acquisto dei titoli della Bce. Sul fronte opposto c'è da considerare il "sacrificio" di una quota tra i business più profittevoli de Leone in un settore, l'asset management, nel quale è già debole rispetto ai suoi storici competitor (Axa e Allianz).
Per Banca Generali ed i suoi investitori, la riduzione della partecipazione di controllo aumenterà la quota del flottante, ciò che il mercato normalmente apprezza. E dovrebbe avvicinare l'ingresso del titolo nel l'indice delle blue chip (Ftse Mib) dove è già collocato tra le "riserve".
Operazioni analoghe svoltesi negli ultimi mesi sono state accolte con successo. È accaduto così, ad esempio, per la St.James's Place di cui il Lloyd Banking group ha ceduto una quota del 20 per cento. Ed anche, in Italia, per la Luxottica la cui quota di controllo (Del Vecchio) è stata alleggerita nel settembre scorso. Dopo un momento di sbandamento il titolo ha ripreso a correre passando dai 27 euro ai circa 40 attuali.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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