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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2013 alle ore 16:10.

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Sono ormai numerose le transazioni stipulate in tema di swap pubblici. La possibile illiceità dei derivati per contrarietà a norme penali potrebbe creare un problema di validità di queste transazioni?
Non credo che oggi le parti che concludono una transazione per definire una lite che concerne derivati lo facciano con la riserva mentale di impugnarla. All'avvocato è giustamente vietato di suggerire al cliente una simile strategia. Tuttavia, sì, la transazione relativa a un contratto nullo, quando la nullità dipende da illiceità, è nulla. La transazione, quindi, è impugnabile se il cliente poi decide autonomamente di impugnarla con un nuovo avvocato.

Tempo fa abbiamo affrontato (si veda «Plus24» del 20 febbraio 2010) il tema della possibilità che i derivati nascondano finanziamenti occulti e quindi la loro compatibilità alla legge sull'usura. Anche questo potrebbe essere un problema per le transazioni degli enti locali?
L'illiceità non dipende soltanto dalla possibile usura: la violazione delle regole più severe, come il dovere di agire nell'interesse del cliente, è una violazione dell'ordine pubblico di direzione perché lede la fiducia e l'integrità dei mercati. I finanziamenti sono visibilissimi: la banca accredita al cliente importi - upfront - al momento della conclusione o della rinegoziazione. L'accredito è scritto nel contratto. Ciò che è occulto è che il derivato che parte con un upfront non è costruito su razionali previsioni di mercato ma sull'esigenza della banca di recuperare l'upfront maggiorato di un corrispettivo da vagliarsi non soltanto per la possibile usura ma anche sotto altri profili. Uno inesplorato, ma potenzialmente esplosivo, è la concessione abusiva di credito nei fallimenti: il curatore deve vedere se prima di fallire l'impresa aveva derivati, se è stata illecitamente finanziata con gli upfront, se è fallita per questo oppure anche per questo.

In un convegno che si terrà a Milano il 12 aprile prossimo («Il contratto derivato finanziario concluso tra banca e cliente»), lei parlerà della natura di scommesse dei derivati e dei costi impliciti. Ci può spiegare meglio?
Il derivato è una scommessa, come altri contratti non finanziari. Sono molte le discipline speciali che prevedono scommesse sul presupposto che di volta in volta il pericolo sociale tipico delle scommesse sia inferiore al beneficio sociale derivante dalla loro diffusione. Nel caso dei derivati il beneficio sarebbe la copertura di rischi oppure la maggior liquidità dei mercati, assicurata dall'uso speculativo. I costi impliciti non dovrebbero esistere perché una scommessa razionale è la creazione consensuale di alee reciproche misurate ex ante, mentre i costi impliciti vengono a incidere proprio sull'alea reciproca.

Ma se i derivati sono scommesse, non dovrebbero avere per le parti la stessa probabilità iniziale di perdita e vittoria ovverosia un costo nullo? Un po' come il gioco della moneta?
Una scommessa conclusa su basi non razionali e misurabili, quindi diversa dai derivati, può essere squilibrata in partenza se agli scommettitori diverte così. Non però se si tratta di scommessa finanziaria come i derivati che le leggi speciali prevedono proprio sul presupposto che le alee siano misurabili scientificamente, perché allora qualsiasi scarto dal valore nullo iniziale deve essere giustificato nell'interesse del cliente. La banca potrebbe farsi remunerare a parte con una fee, ma preferisce occultare la propria remunerazione dentro le condizioni che definiscono l'alea. Una chiarissima patologia che nella prassi non ha eccezioni.

Secondo lei, il fatto che tutti i derivati venduti a enti locali e imprese siano in perdita sin dall'inizio a causa dei costi impliciti non può sollevare un problema macroeconomico e di liceità di questi contratti?
Per George Soros i derivati tra banca e cliente servono soltanto ad alzare il margine di profitto degli ingegneri finanziari che li progettano. Questa definizione è cruda a sufficienza per esser presa sul serio. Sulla carta è chiaro che i derivati non servono soltanto a questo. Ma è sicuro che nella realtà troppe volte i derivati siano serviti soltanto a questo. Quanto alla conclusione sistematica e intenzionale di contratti illeciti, sarebbe da verificare banca per banca. Se confermata porrebbe almeno due problemi ulteriori: il primo è l'immoralità, e non solo l'illiceità, dei singoli contratti; il secondo è la compatibilità di una simile attività della singola banca coi limiti, rigorosi, che la riserva di legge impone.

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