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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2013 alle ore 06:42.

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Il cda di Telecom Italia ha deliberato di dare mandato al management a definire il percorso operativo di fattibilità per la separazione della rete di accesso. E' quanto comunica una nota della società.

Il consiglio Telecom di questa mattina produrrà una comunicazione ufficiale, che la compagnia telefonica di bandiera si è già impegnata con la Consob a diffondere. Dopo le voci, le indiscrezioni, le smentite e le precisazioni, la riunione di oggi sarà la prima sede formale nella quale si parlerà dell'ipotesi di aggregazione con 3 Italia. I contatti tra i due gruppi telefonici sono in corso da tempo e già qualche anno fa si era arrivati vicini al dunque, salvo che l'ipotesi si era arenata su valutazioni troppo distanti. Questa volta si parte da basi più ragionevoli, il che non significa che tutti gli ostacoli siano superati.

Il presidente esecutivo Franco Bernabè dovrebbe riferire ai consiglieri i contenuti di un documento di lavoro presentato da H3G con i paletti di un percorso di integrazione visti dalla parte di 3. Ma non ci si dovrebbe fermare qui. Bernabè dovrebbe infatti "scoprire le carte", spiegando i motivi dell'interesse industriale di Telecom Italia ad approfondire il dossier, delineando anche un percorso a suo giudizio realizzabile. Con il patron del gruppo, l'ottantacinquenne magnate di Hong Kong Li Ka Shing, Bernabè vanta rapporti consolidati e potrebbe verificare direttamente i margini di manovra. A questo punto gli esiti possibili del board di oggi sono due: o la cosa viene rigettata sul nascere perchè si giudica che non ci sono le basi per proseguire il discorso, oppure, come più probabile, il consiglio chiederà di avere un quadro più definito per poter decidere nel merito. La premessa indispensabile – e questo vale per tutte le parti in causa – è che ci sia un progetto industriale, economicamente valido, dai ritorni certi e veloci che sia di provato interesse per la società. Premessa necessaria ma non sufficiente, perchè la strada di una possibile integrazione è tutta in salita.

Il percorso delineato da 3 parte dal presupposto che si tratti di un'operazione "amichevole" e dunque condivisa che abbia come sbocco una posizione di rilievo di H3G nell'azionariato e nella governance di Telecom Italia. Quindi non una vendita per contanti, ma un'integrazione realizzata tramite scambio azionario. Il primo passaggio – ma tutto è collegato – è il conferimento di 3 Italia a una valutazione intorno ai 2 miliardi, coerente con un multiplo pari a 6 volte l'Ebitda stimato per il 2013 (tra i 300 e i 400 milioni). Valutando Telecom intorno a 1,2 euro (valore pari al prezzo di carico di Telco), H3G si ritroverebbe in mano in cambio circa il 10% del capitale ordinario di Telecom. Ma l'operazione sarebbe subordinata all'ingresso del nuovo socio nell'azionariato di riferimento di Telco, con modalità che non facciano scattare l'Opa, quindi senza superare il limite del 29,9%. Qualche mese fa il gruppo che fa capo a Li Ka Shing aveva già sondato gli azionisti italiani di Telco per segnalare che se ci fosse stata la disponibilità a vendere, da parte loro ci sarebbe stata la disponibilità a comprare a 1,2 euro per azione, ottenendone un rinvio a Telecom per verificare le compatibilità industriali, senza la quale non sarebbe stata presa in considerazione alcuna proposta finanziaria.

Dal punto di vista di Telecom l'interesse industriale per gli asset di 3 c'è: per il portafoglio clienti che vale il 10% del mercato mobile italiano, per le antenne (utili anche in funzione dello sviluppo della telefonia di quarta generazione Lte), e per le frequenze. Ma 3 non vuole cedere gli asset bensì mettersi in gioco come società. Dal punto di vista societario, il valore di 3 è legato anche alle perdite pregresse, salvo che queste sarebbero difficilmente spendibili. Inoltre Telecom si troverebbe a ereditare dalla fusione una struttura corporate e commerciale che sarebbe un doppione rispetto alla propria. Resterebbe da valutare anche quanti margini di manovra avrebbe nel gestire il portafoglio clienti di 3, senza perderli. E, non ultimo, occorrerebbe verificare le compatibilità Antitrust, visto che la quota di mercato nel mobile dei due gruppi insieme sfiorerebbe il 45%.

Intanto ieri si è riunito il cda di Telco – la compagine formata da Telefonica, Generali, Mediobanca, Intesa-Sanpaolo cui fa capo il 22,4% del capitale ordinario – in preparazione dell'assemblea Telecom del 17 aprile. A fine aprile si terrà invece il board per iniziare a discutere del finanziamento bancario da 1.050 milioni che scadrà a fine novembre. Non si è discusso dell'opzione 3, non solo perchè non era quella la sede, ma anche perchè mancano gli estremi su cui ragionare, che dovrebbero iniziare a delinearsi oggi.

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