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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2013 alle ore 21:25.

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«Come un coltello che affonda la lama nel burro. Nessuna resistenza». La caduta sperimentata dall'oro – che è arrivato a perdere oltre 40 dollari in una ventina di minuti – viene descritta con stupore anche da analisti di lungo corso, come Robin Bahr di Société Générale. «Le dimensioni del ribasso lasciavano senza fiato. Abbiamo cercato di sostenerlo, ma non andavamo da nessuna parte. Non c'erano più supporti».

In ribasso fin dal mattino, l'oro è sceso bruscamente sotto 1.540 dollari l'oncia – livello che costituiva una prima soglia di supporto tecnico e che era stato già testato invano nell'ottobre 2011 e nel maggio 2012 – poco dopo l'apertura del Comex di New York quando, secondo una voce che circola tra gli operatori, Merrill Lynch avrebbe venduto 4 milioni di once in un colpo solo. In realtà tale livello di prezzo coincide con l'ingresso ufficiale in «bear market»: le quotazioni sono inferiori del 20% rispetto al record storico di settembre 2011, quando l'oro volò sopra 1.920 $. Basterebbe questa circostanza, probabilmente, a giustificare l'avvio automatico di vendite da parte di molti hedge fund.

Gli ordini di vendita hanno poi cominciato ad ingrossarsi, a New York come a Londra, forse – suggeriscono alcuni osservatori – anche in seguito al dato sull'inflazione all'origine negli Usa, scesa dello 0,6% tra febbraio e marzo: un ennesimo segnale di raffreddamento dei prezzi, dopo quelli arrivati dalla Cina e dall'Europa, che potrebbe aver convinto anche i più restii ad abbandonare l'oro come scudo contro il rischio inflazione.

Qualcuno ricorda anche la vicenda delle riserve auree di Cipro: se la Commissione europea sta spingendo per la loro vendita, potrebbe chiedere lo stesso ad altri Paesi in crisi, come l'Italia, che di lingotti ne possiede ben di più. L'interpretazione tuttavia appare poco probabile.

A dare l'affondo decisivo alle quotazioni del metallo sembrano essere stati soprattutto fattori tecnici: una volta sfondato anche il supporto dei 1.521 $ non ci sono stati più freni. Come un coltello nel burro, per l'appunto. L'oro è sceso fino a 1.494,15 $ a Londra e 1.480,20 $ a New York, per poi rimbalzare poco sopra 1.500 $. Ma secondo gli analisti tecnici la discesa minaccia di riprendere, con le prossime barriere a 1.470 e 1.340 $.

Che l'atteggiamento degli investitori nei confronti dell'oro fosse cambiato era già da tempo evidente. Da mesi il lingotto reagiva poco o nulla di fronte a qualsiasi notizia che un tempo gli avrebbe messo le ali: dalle iniezioni di liquidità della Banca centrale giapponese ai tormenti dell'Eurozona, dagli occasionali cedimenti del dollaro alle minacce di guerra della Corea del Nord. Gli Etf sull'oro, un tempo accumulati a ritmi record, sono ora oggetto di continui riscatti. E dopo dodici anni ininterrotti di rally, sempre più banche negli ultimi mesi hanno iniziato ad annunciare un'imminente inversione di rotta. Goldman Sachs questa settimana ha addirittura raccomandato di andare "short", ossia scommettere su ulteriori ribassi. Consiglio davvero tempestivo.

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