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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2013 alle ore 18:12.

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Il patto di sindacato Rcs, stante la situazione attuale e le prospettate condizioni finanziarie dell'aumento di capitale da 400 milioni, con ogni probabilità si diluirà dall'attuale 58,3% al 46,5% del capitale ordinario. La cifra è il frutto della mancata adesione delle Generali e di Francesco Merloni che, non sottoscrivendo il pro-quota, vedranno la propria partecipazione ridursi rispettivamente dal 3,7% allo 0,99% e dal 2% allo 0,5% del capitale ordinario.

È questo, in sintesi, uno dei principali effetti del piano di ristrutturazione che l'amministratore delegato del gruppo, Pietro Scott Jovane, presenterà oggi al cda e che ha, per ora, incassato l'ok di Mediobanca, Fiat, Intesa SanPaolo, Unipol, Pirelli, Edison, Mittel, Sinpar ed Eridano Finanziaria. Ieri sera si è avuta intanto conferma della firma del rifinanziamento del debito Rcs per complessivi 575 milioni da parte di sei banche: Mediobanca, UniCredit, Intesa Sanpaolo, Ubi, Bpm e Bnl.

Certo, da oggi al momento in cui la ricapitalizzazione verrà promossa sul mercato, tendenzialmente a cavallo di giugno, alcuni tasselli potrebbero mutare. Tuttavia le proiezioni attuali ipotizzano che la ripatrimonializzazione venga promossa attorno agli 0,2 euro per azione. Il che comporta, per quei soci che non metteranno mano al portafoglio, una diluizione nell'intorno del 73% sul capitale ordinario. Un dato che, per forza di cose, impone profonda riflessione anche per gli azionisti che sono fuori dal sindacato. Giuseppe Rotelli, che ha il 16,5% pagato tra i 4 euro e gli 1,38 euro a titolo, e Diego Delle Valle che ha l'8,6%, si ritroverebbero rispettivamente con il 4,4% e con il 2,3% del capitale. Hanno tempo fino all'avvio dell'aumento di capitale per decidere se aderire o meno ma di certo dovranno tenere in considerazione l'esito della mancata sottoscrizione. Tanto più considerato che è prevista un'ulteriore tranche di aumento di capitale da 200 milioni.

Evidentemente, la chiave di volta, al di là degli effetti iperdiluitivi, che potrebbe spingere gli azionisti in una direzione piuttosto che nell'altra sono le basi industriali del progetto. Basi che, oltre a essere l'elemento cruciale per attirare il futuro nuovo investitore, verranno presentate nel dettaglio al consiglio di oggi, compresa l'evoluzione sulla dismissione degli asset non strategici. In quest'ottica, a quanto si apprende, sul fronte Dada il percorso è già tracciato e si tratta solo di completarlo, mentre sarebbero stati avviati i primi contatti per la parte immobiliare e riguardo al pacchetto periodici ci sarebbero trattative avanzate con il gruppo Prs di Alfredo Bernardini De Pace. U

n dossier, quest'ultimo, sul quale ieri si è espresso il cdr della divisione periodici: «Proseguire lungo la strada delle cessioni non solo determinerebbe un oggettivo impoverimento economico del valore del gruppo», ma significherebbe anche «bruciare inspiegabilmente una parte importante dell'aumento di capitale», se è vero che l'azienda ha previsto «una dote milionaria per attirare l'attenzione di potenziali acquirenti». Il resto del cda servirà per esaminare i risultati di bilancio 2012, di fatto in buona parte già svelati (manca solo la perdita), le prospettive al 2015 e l'assestamento del rifinanziamento bancario.

L.G.

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