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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2013 alle ore 06:44.

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ROMA.
Sullo sfondo, l'obiettivo dell'inchiesta Mps resta uno solo: sollevare il coperchio sull'acquisizione di Antonveneta. E chiarire così i contorni di un'operazione discussa e per certi aspetti ancora misteriosa. Ma nel decreto di sequestro di martedì della procura di Siena, contro gli ex vertici del Monte e l'ex ad di Nomura Sayed, spuntano decine di indizi raccolti dal nucleo speciale di polizia valutaria guidato dal generale Giuseppe Bottillo. I riscontri a verbale di alcuni testimoni qualificati sentiti dagli inquirenti raccontano una situazione paradossale: se le tesi accusatorie fossero fondate - mentre i legali della difesa rivendicano l'estraneità a ogni accusa - l'ex presidente Giuseppe Mussari e l'ex dg Antonio Vigni o erano «menti raffinatissime», tanto per citare Giovanni Falcone, o non erano consapevoli del disastro in cui si erano cacciati. E sarebbe ancora peggio, per certi versi.
Uno dei temi scottanti è l'esposizione di Antonveneta verso Abn Ambro. Mps dopo l'acquisizione se la deve accollare e non è uno scherzo: ammonta a dieci miliardi di euro. Un macigno sulla banca di Rocca Salimbeni che peserà eccome sui suoi conti. Emblematico il racconto di Daniele Bigi, responsabile della contabilità. «Bigi ricostruiva i complessi passaggi finanziari che avevano determinato il trasferimento del pacchetto azionario Antonveneta da Abn Amro - per conto di Banco Santander - a Mps» si legge nel decreto. Il corrispetto di acquisizione è pari a 10,124 miliardi. Poi vanno sommati 43,4 milioni di interessi maturati sulle linee di finanziamento concesse da Abn Amro ad Antonveneto. Vanno però sottratti 900 milioni di rimborso/deposito Antonveneta presso Abn Amro, a seguito della cessione di Interbanca. Il saldo finale è di 9,2 miliardi. Ma ci sono anche altri 2,5 miliardi a favore di Banco Santander. E secondo gli accertamenti dei uomini del Nucleo valutario, specialisti in reati economico-finanziari, «dalla documentazione è emerso che Santander ha concesso un finanziamento di 5 miliardi a Mps per consentire la chiusura degli affidamenti bancari - come si legge nel decreto - per complessivi 7,5 miliardi di euro, che Abn Amro aveva concesso alla sua partecipata banca Antonveneta». Un ciclone di soldi. La somma finale è presto fatta (9+2+5 miliardi): «L'acquisizione di Banca Antonveneta è costata, pertanto, a Mps, in termini di liquidità effettiva, euro 16.767.652.631,96», oltre 16 miliardi. E i cinque miliardi sono stati restituiti a Santander nel 2009 quasi di botto, nel giro di un mese, in sole tre rate. Il 31 marzo, un miliardo e mezzo di capitale e 67,3 milioni di interessi. Solo un mese dopo, il 30 aprile, un altro miliardo e 49,3 milioni di interessi, sempre alla banca guidata da Botin. Nella stessa data Mps gira ad Abbey National treasury Services Plc due miliardi e mezzo di capitale e 123 milioni di interessi. Movimenti tutti resocontati da copia dei bonifici acquisiti dagli investigatori. E il pagamento ad Abbey National Tresaury è oggetto di una rogatoria della procura di Siena. Diventa così chiaro che l'accordo considerato fraudolento, secondo la procura, tra gli ex vertici del Monte e Nomura, è il secondo filone investigativo: ma il primo filone, anzi quello primario, riguarda Antonveneta. Pierluigi Montani, ex ad di Antonveneta, sentito dagli inquirenti nel marzo scorso, racconta che incontrò Mussari e Vigni qualche giorno dopo l'acquisizione notando «smarrimento» e che «non avevano contezza» del costo reale. «Ma questi hanno capito veramente quanto devono pagare?» verbalizza Montani. Alla luce di quanto sta emergendo è un interrogativo che rischia di apparire retorico se non ingenuo.
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