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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2013 alle ore 13:11.
Chi sono i buoni, i brutti e i cattivi dell'Eurozona? È sempre più difficile capirlo. Perché i numeri che arrivano da Main Street divergono profondamente da quelli di Wall Street. Prendiamo il disavanzo pubblico francese. Continuerà a crescere oltre le stime e ben al di sopra del tetto del 3% del Pil sia nel 2013 che nel 2014. Secondo le previsioni economiche della Commissione europea, nel 2013 l'indebitamento toccherà il 3,9% del Pil, rispetto al 3,7% previsto a febbraio. È una riduzione rispetto al 4,8% del 2012, ma controbilanciata da un'ulteriore impennata del deficit nel 2014, quando la Commissione stima che il disavanzo francese segnerà un -4,2% (a febbraio si prevedeva -3,9%).
Le cifre fredde dei conti pubblici indicano quindi che la Francia è fuori da parametri di stabilità europei. I numeri della finanza tracciano invece un quadro totalmente differente. Lo spread tra Francia e Germania viagga sotto i 50 punti base, contro i 260 dell'Italia. In sostanza la Francia finanzia il proprio debito sul mercato pagando oltre 200 punti base in meno dell'Italia nonostante il deficit/Pil (pur aggravato da maggiori tassi sul debito) dell'Italia sia al 2,9%, dentro i parametri europei.
La storia si ripete anche se si guarda al caso Olanda, altro Paese considerato tra i virtuosi dell'area euro. Ha un deficit/Pil del 4,1% che secondo la Commissione europea dovrebbe scendere al 3,6% sia nel 2013 che nel 2014, quindi restare oltre la soglia limite del 3% anche per i prossimi due anni. Eppure, l'Olanda si finanzia a tassi negativi su bond fino a 12 mesi (in pratica chi compra titoli olandesi accetta una perdita pur di possederli, come accade per i titoli tedeschi su scadenze fino a 24 mesi) e paga uno spread di circa 40 punti sulla Germania nel confronto a 10 anni.
La stessa Olanda la cui guida del ministero delle Finanze è affidata a Eroen Dijsselbloem, nonché attuale presidente dell'Eurogruppo, che ha definito «il prelievo forzoso imposto a Cipro un nuovo modello per i salvataggi».
Quanto all'Italia, il commissario Ue Olli Rehn prende atto del fatto che sia sotto il 3% (2,9%) sottolineando che questo «facilita» la chiusura della procedura di infrazione aperta contro Roma ma «soggetta agli impegni di consolidamento» e «al dettaglio delle riforme» contenute nel programma di stabilità che Bruxelles si aspetta dal governo «nelle prossime settimane», avendo già avuto contatti col ministro dell'Economia Saccomanni.
Allo stessto tempo Rehn ha deciso di giocare la carta della carota, concedendo ai Paesi che non stanno rispettando i paletti dell'Eurozona una proroga. Nel dettaglio, ha confermato che la Francia potrebbe (come la Spagna che ha deficit/Pil al 10,6%) ottenere due anni in più per centrare l'obiettivo di deficit, mentre Olanda e Slovenia potrebbero ottenere un anno in più».
C'è comunque confusione tra bonus, procedure di infrazione e compagnia bella. Perché se ci si sofferma su deficit/Pil e spread, c'è qualcosa che non torna. E non si capisce perché l'Italia (inserita nel dispregiativo acronimo allargato "Piigs" assieme a Portogallo, Grecia, Irlanda e Spagna) sia il Paese che, dopo Grecia, Spagna e Portogallo paghi oggi più di tutti nell'area euro per finanziare il suo debito.
A guardare certi numeri (reali) insomma c'è molta nebbia tra chi sono i "buoni", i "brutti" e i "cattivi" dell'Eurozona.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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