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Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2013 alle ore 06:45.

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Il rischio è uccidere la gallina dalle uova d'oro, ma Rio Tinto è orientata a correrlo. Se di qui a pochi mesi non ci saranno imprevisti che stravolgano gli equilibri tra domanda e offerta, il gruppo australiano dovrebbe dare via libera ai 5 miliardi di dollari di investimenti necessari a espandere la produzione di minerale di ferro da 290 a 360 milioni di tonnellate l'anno entro il 2015: un progetto che secondo molti analisti potrebbe deprimere i prezzi della materia prima (oggi intorno a 128 $/tonn), accelerando lo spostamento del mercato verso una condizione di eccesso di offerta.
Il nuovo ceo Sam Walsh, in carica da gennaio, ha promesso un'azione energica di contenimento dei costi, ma non sembra disposto a rinunciare a cuor leggero ai progetti nella regione del Pilbara, nel Western Australia, che rappresentano l'asse centrale delle strategie di crescita del gruppo. In un incontro con gli investitori istituzionali, in vista dell'assemblea degli azionisti di domani a Sydney, Walsh ha riaffermato la validità del progetto, pur con qualche cautela in più rispetto al passato. «Solo sei mesi fa l'espansione sembrava essere un fatto scontato – osserva Adrian Wood di Macquarie Securities – Adesso invece sembra che dovrà subire un processo di revisione più accurato verso la fine dell'anno e l'esito di quest'ultimo appare più legato agli scenari di mercato».
Il board di Rio Tinto sarà chiamato a predere una decisione di investimento nel quarto trimestre, ma già oggi serpeggia la tentazione di un ripensamento. «Walsh ha detto che il feedback degli azionisti non è stato univoco», ha riferito Lyndon Fagan di JpMorgan Chase, uno degli analisti presenti all'incontro con il ceo.
Secondo Citigroup un rinvio dei piani nel Pilbara darebbe stabilità al mercato del minerale di ferro fino al 2018, sostenendo i prezzi. Diversamente – poiché anche Bhp Billiton e Fortescue Metals Group stanno espandendo la produzione – è quasi certo che già dal 2014 ci sarà, per la prima volta da almeno dieci anni, un surplus di offerta, destinato a raggiungere 70 milioni di tonnellate nel 2015. Anche gli analisti di Liberum Capital pensano che Rio Tinto farebbe bene a soprassedere: un rinvio di un anno garantirebbe un prezzo del minerale di ferro più elevato di 18 $ nel 2015 e in 3,7 miliardi di $ di Ebitda in più per il gruppo australiano, che da questa materia prima deriva quasi l'80% dei suoi profitti.
Deutsche Bank, al contrario, ritiene che potrebbe essere addirittura dannoso non procedere, considerato che i concorrenti ne approfitterebbero e che Rio Tinto gode di costi di produzione molto competitivi (circa 50 $/tonn). «Secondo le nostre analisi – afferma la banca tedesca – l'espansione nel Pilbara offre un ritorno tra i più elevati nel mondo, tra i grandi progetti minerari».
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