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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2013 alle ore 06:45.

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Lo scandalo del Libor continua a trasmettere inquietudini nel settore delle materie prime, particolarmente affollato di benchmark che, come il tasso interbancario londinese, potrebbero prestarsi a forme di manipolazione. Un paio di mesi fa era stato il mondo dei metalli preziosi a entrare in fibrillazione, alla notizia che la Commodity Futures Trading Commission aveva rivolto la sua attenzione al meccanismo per il fixing di oro e argento (si veda Il Sole 24 Ore del 14 e 15 marzo).

Adesso tocca al mercato europeo del gas, interessato da crescenti polemiche sull'attendibilità dei prezzi benchmark diffusi da un gruppo ristretto di agenzie specializzate – Platts, Argus e Icis Heren – che vengono utilizzati per un numero crescente di transazioni e contratti di fornitura: un mercato da miliardi di euro, che condiziona in ultima istanza anche il prezzo delle bollette (anche se per i consumatori italiani l'impatto è attutito dalla non completa liberalizzazione del mercato).

In realtà tra gli addetti ai lavori le polemiche sono già in corso da qualche mese, soprattutto in Gran Bretagna, mercato super-libero turbato a novembre dall'apertura di un'inchiesta da parte della Fsa e dell'Ofgem, l'equivalente d'oltre Manica di Consob e Autorità per l'energia: un ex dipendente di Icis Heren aveva denunciato manipolazioni nella definizione del riferimento dei prezzi al National Balancing Point, il punto di scambio del gas britannico. Alcuni partecipanti al mercato avrebbero fornito dati non veritieri sulle transazioni effettuate e l'agenzia – che secondo l'accusatore si serve di dipendenti non sufficientemente esperti – li avrebbe recepiti acriticamente.

Il caso è riesploso ieri, quando il Financial Times ha rivelato che in seguito a quella vicenda la norvegese Statoil, uno dei maggiori fornitori europei di gas, ha smesso di trasmettere informazioni a Icis e alle altre agenzie. Nello stesso modo, riferisce il quotidiano, si sono mosse l'utility tedesca Rwe, due fra le maggiori società di trading di materie prime basate in Svizzera e diverse banche. Tutti sono preoccupati di essere chiamati in causa dai regolatori, nel caso in cui scoppiasse davvero uno scandalo simile a quello del Libor.

Le agenzie si difendono: le defezioni di Statoil e altri, dicono, non hanno compromesso l'attendibilità dei benchmark, perché sono state compensate dall'acquisizione di nuove fonti di dati. Tutte e tre inoltre ricordano che, accanto ai riferimenti più diffusi (basati in effetti anche su valutazioni discrezionali del mercato), la loro offerta comprende anche indici basati esclusivamente su transazioni concluse. Un prodotto analogo, il Tankard Index, è stato lanciato all'inizio dell'anno anche dai tre maggiori broker del settore: Icap, Marex Spectron e Tullett Prebon.

La maggior parte degli operatori tuttavia, nonostante le preoccupazioni, non ha ancora abbandonato in massa i benchmark tradizionali, che godono anzi di una diffusione crescente, man mano che il mercato si allontana sempre di più dai contratti di approvvigionamento in cui il prezzo del gas è legato a quello del petrolio.

Secondo Société Générale, metà delle forniture di gas in Europa è ormai prezzata con riferimento ai mercati spot (e dunque agli indici oggi in discussione) e una componente di prezzo di questo tipo viene sempre più spesso incorporata anche nei contratti di lungo termine: Statoil, su pressione dei clienti, ha ormai abbandonato le formule "oil-linked" e persino la russa Gazprom ha dovuto fare qualche concessione su questo fronte.
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