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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2013 alle ore 08:29.
Gli Stati Uniti accelerano nelle esportazioni di gas. Appena insediatosi, il nuovo segretario all'Energia Ernest Moniz ha autorizzato l'impianto Freeport Lng, in Texas, a vendere Gas naturale liquefatto (Gnl) anche a Paesi che non hanno un accordo di libero scambio con gli Usa, dunque anche a quelli europei e asiatici, che sperano in futuro di ottenere sollievo dall'arrivo di forniture supplementari anche dagli Usa, sia in relazione ai prezzi sia in termini di diversificazione delle fonti di approvvigionamento.
Si tratta soltanto della seconda autorizzazione concessa dal dipartimento dell'Energia (Doe) e arriva dopo ben due anni da quella rilasciata a Cheniere Energy per Sabine Pass, sempre in Texas.
Nel caso di Freeport Lng Expansion, società partecipata tra l'altro da ConocoPhillips e Dow Chemical, riguarda l'export di 8,8 milioni di tonnellate di Gnl all'anno, equivalenti a circa 12 miliardi di metri cubi: una quantità importante, pari a circa un quinto dei consumi italiani di gas, che è già stata prenotata per vent'anni da Bp e dalle utilities giapponesi Osaka Gas e Chubu Electric Powers.
Sempre ieri, un altro progetto per l'export di Gnl statunitense ha compiuto un passo cruciale verso la realizzazione. Si tratta di Cameron Lng, in Louisiana, in cui la francese Gdf Suez e i due big giapponesi del trading di materie prime, Mitsui e Misubishi (quest'ultima in joint venture con l'armatore Nippon Yusen), si sono impegnati a investire fino a 7 miliardi di dollari. In cambio del contributo alla realizzazione dell'impianto, Sempra Energy ha offerto a ciascuno dei partner una quota del 16,6% e un contratto ventennale per la fornitura di 4 milioni di tonnellate di Gnl l'anno.
L'intero progetto – di cui Sempra conserva il 50,2% – costerà 9-10 miliardi di dollari. La sua costruzione inizierà l'anno prossimo e conta di raggiungere la piena produzione commerciale (13,5 milioni di tonnellate l'anno) nel 2018. Non è affatto certo, tuttavia, che il gas riesca davvero a prendere la via dell'Europa e dell'Asia. L'impianto per il momento può esportare solo verso i 17 Paesi che hanno un accordo di libero commercio con gli Usa (tra questi ci sono il Canada e molti Paesi latinoamericani ma nessuno europeo, mentre in Asia godono di questo privilegio solo la Corea del Sud e Singapore), mentre il via libera all'export verso altre destinazioni potrebbe tardare ad arrivare o addirittura non essere mai concesso.
Nonostante i tempi lunghi, l'autorizzazione che il dipartimento per l'Energia (Doe) ha appena rilasciato a Freeport Lng rappresenta comunque un segnale incoraggiante sulla direzione che stanno prendendo le politiche del Governo. Il 5 maggio scorso il presidente Barack Obama ha manifestato per la prima volta di non essere contrario all'espansione dell'export, affermando di ritenere «probabile»che gli Usa diventino esportatori netti di gas entro il 2020.
L'enorme e imprevisto successo delle estrazioni di shale gas ha capovolto le condizioni del mercato statunitense: fino a qualche anno fa si costruivano rigassificatori, nella previsione di una crescente dipendenza dall'import, mentre oggi oltre 20 impianti per la liquefazione del gas sono in attesa di un via libera all'export. Le autorizzazioni a vendere in aree non coperte da Free Trade Agreements (Fta) sono tuttavia arrivate col contagocce, anche a causa della forte opposizione di una parte dell'industria, che teme un rialzo dei prezzi del gas sul mercato locale. Cheniere Energy – che comincerà a esportare da Sabine Pass già dal 2016, un anno prima del previsto – ha sottoscritto contratti di fornitura pluriennali con una nutrita lista di clienti: le britanniche Bg Group e Centrica, la spagnola Gas Natural Fenosa, la francese Total, la sudcoreana Kogas e l'indiana Gail, per un totale di 17,2 milioni di tonnellate l'anno di Gnl. Per un altro impianto in attesa di via libera, quello di Cove Point (Maryland), Dominion Resources ha già accordi con Sumitomo e Tokyo Gas.
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