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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2013 alle ore 07:11.

Il tam tam sulle rete è partito giorni fa: attenzione a Wall Street perché venerdì 31 maggio è scattato il segnale dell'Hindenburg Omen. Il nome di per sé è inquietante e non promette nulla di buono. In sostanza è un segnale tecnico per addetti ai lavori che ha fallito in media solo 4 volte su 32 anticipando alcuni dei crolli borsistici più importanti come quello del 1987 e del 2008.
Il principio cardine di questa teoria, che evoca il disastro del più grande oggetto volante mai costruito, il dirigibile Hindeburg, distrutto in un terribile incidente nel 1937, si ispira ai massimi e ai minimi dei titoli quotati al Nyse: quando il numero di titoli che fanno nuovi massimi e nuovi minimi su base annuale al New York Stock Exchange (Nyse) è molto alto, vuol dire che il mercato sta attraversando una fase di estrema confusione.
Questa divergenza nella percezione del sentiment delle azioni porta di solito a forti sell off sui mercati azionari. La soglia indicata per far scattare l'allarme è il 2,2%: ovvero quando in una normale giornata di scambi i titoli che fanno nuovi massimi superano il 2,2% del totale e altrettanto fanno i titoli con nuovi minimi scatta la prima condizione per far entrare in funzione il modello. Il segnale (accompagnato da altre variabili come quella della media a 10 settimane al rialzo e un indicatore di momentum sui mercati che deve essere negativo) deve essere confermato ad alcuni giorni di distanza e il 31 maggio scorso è scattato il segnale vero e proprio.
Che cosa succederà ora?
Entro i prossimi quattro mesi ecco tutti i probabili scenari che possono verificarsi: nel 26% dei casi un crash sui mercati con una perdita cumulata in più sedute di oltre il 15% mentre un calo compreso tra il 5 e l'8% ha il 67% di chance.
C'è anche una probabilità del 35% che si realizzi una seduta di "panic selling", con perdite intraday fino al 10 per cento.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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