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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2013 alle ore 06:45.
FIRENZE.
Fiat crede nel futuro dell'Italia e, nel giro di tre-quattro anni, punta al pieno impiego dei lavoratori e al pareggio della capacità produttiva degli impianti nel nostro Paese.
È un messaggio positivo (e anche impegnativo) quello di Sergio Marchionne. L'amministratore delegato del gruppo torinese, che ieri ha chiuso l'assemblea di Confindustria Firenze, si toglie alcuni sassolini dalle scarpe, ma soprattutto parla di progetti concreti. Marchionne, ospite del leader degli industriali del capoluogo toscano Simone Bettini (vicepresidente nazionale di Federmeccanica), spiega senza tanti giri di parole che talvolta può essere «difficile comprendere e accettare il cambiamento», come infatti è accaduto nel rapporto tra gli italiani e la Fiat che stava mutando pelle.
«La verità è che negli ultimi nove anni abbiamo creato dalle potenziali ceneri di un costruttore nazionale un gruppo automobilistico con un orizzonte globale», dice il manager. «La Fiat oggi è un'azienda capace di generare significativi profitti operativi, nonostante le perdite collegate ai marchi generalisti in Europa», aggiunge, ricordando i traguardi raggiunti nel periodo 2004-2012: da un'azienda con 27 miliardi di ricavi per il 92% realizzati in Europa, con 1,3 miliardi di perdita operativa; al settimo costruttore mondiale di auto con 84 miliardi di fatturato, solo per il 20% concentrato in Europa, che produce utili e ha aumentato di 15mila unità gli occupati nel Vecchio continente.
Senza la scelta strategica di diventare un costruttore globale, in buona sostanza, a giudizio di Marchionne la Fiat sarebbe inesorabilmente scomparsa. E invece è in buona salute, ha progetti industriali importanti e non ha mai smesso di scommettere sull'Italia. «La scelta più razionale sarebbe quella di chiudere uno o due stabilimenti nel nostro Paese, per far fronte alla sovraccapacità produttiva - dice -. Invece ribadisco che non chiuderemo nessun impianto: le attività estere sono una sorta di protezione per quelle nazionali. La verità - puntualizza l'amministratore delegato - è che dal 2004 alla fine del 2012, Fiat e Fiat Industrial hanno destinato all'Italia, per investimenti e attività di ricerca e sviluppo, 23,5 miliardi di euro. A fronte di questo enorme sforzo - aggiunge - abbiamo ricevuto agevolazioni pubbliche, previste dalle norme italiane e europee, per circa 742 milioni».
Tra i progetti in cantiere, Marchionne cita la prospettiva di «andare a competere nella parte alta e meno affollata del mercato. In questo modo potremo aumentare l'uso della base produttiva in Europa per sviluppare i nostri marchi globali, come Alfa Romeo, Maserati e Jeep, e i modelli chiave del marchio Fiat, appartenenti alle famiglie 500 e Panda. Un programma - conclude - che ci permetterà di ottenere già nei prossimi 24 mesi un significativo aumento dell'attività produttiva». Fino a raggiungere il pieno impiego in tutti gli impianti italiani.
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