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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2013 alle ore 06:45.

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ROMA
È stato un lunedì nerissimo per Saipem dopo che la società, controllata al 42,9% dall'Eni, ha annunciato venerdì, a Borsa chiusa, una nuova revisione al ribasso delle stime 2013, con un taglio di 650-750 milioni sull'Ebit, a meno di cinque mesi dal profit warning di gennaio. Allora il titolo lasciò sul terreno il 34,3%, bruciando 4,5 miliardi di euro. E ieri ha fatto il bis: chiusura a -29,19%, a 14,24 euro, con un impatto sulla capitalizzazione pari a 2,59 miliardi di euro. Sono infatti passati di mano oltre 26 milioni di pezzi, in pratica il 6% del capitale, contro una media giornaliera degli ultimi mesi di 3 milioni. Un tonfo che si è riverberato, com'era accaduto a gennaio, sulla controllante che ha archiviato la giornata a -2,14%, a 16,48 euro, riducendo però la perdita della mattina quando aveva toccato il -3,7%, mentre Saipem tardava l'ingresso nelle contrattazioni con un calo teorico del 23,6 per cento.
Una performance da brivido sulla quale si è subito acceso il faro della Consob. Che, già da venerdì, stava monitorando la situazione e il nuovo profit warning e che ha poi disposto il divieto di vendite allo scoperto per la seduta di ieri e per quella odierna. Fin dalle prime contrattazioni, con la fluttuazione del titolo superiore al 10%, è infatti apparso evidente all'Authority presieduta da Giuseppe Vegas che erano maturate le condizioni per attivare la misura prevista dal regolamento comunitario sullo short selling per le società ad alta capitalizzazione. E oggi pomeriggio, a Borsa chiusa, la Consob - che continua a indagare sul mega-collocamento curato da BofA-Merrill Lynch per conto di BlackRock alla vigilia del profit warning - deciderà se prolungare il divieto qualora dovesse verificarsi un calo di almeno la metà della diminuzione del valore che ha fatto scattare la "barriera" di ieri (-5%).
A incidere sul crollo in Borsa, poi, è stata anche la pioggia di revisioni annunciate ieri dalle banche d'affari. Per Credit Suisse «è impossibile investire su Saipem finché le incognite non saranno chiarite»: gli esperti hanno tagliato il target per il 2013 e le stime di utile per azione 2014-2015 rispettivamente del 30% e del 12%, rimodulando al ribasso anche il target price a 16 euro. Stessa linea anche da Morgan Stanley, che ha ridotto il target price da 27,5 a 20 euro e rivisto al ribasso sia le stime 2013 (in linea con gli annunci societari) sia quelle per il biennio 2014-2015 del 10% e del 5 per cento. Anche Equita ha corretto le previsioni e sottolineato che il nuovo profit warning «non esclude la probabilità di ulteriori sorprese negative su altri contratti». Gli esperti hanno poi stimato l'impatto sugli utili di Eni di -5% sul 2013 e di un -1% circa sul 2014 evidenziando che «è da verificare la strategia del gruppo sulla quota di possesso in Saipem».
Ma la débâcle del gruppo guidato da Umberto Vergine non ha provocato alcun cambio di programma della controllante, come ha chiarito ieri l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, a margine di un incontro con il presidente venezuelano, Nicolas Maduro. «Stiamo facendo una riflessione strategica complessiva e questo avvenimento dell'ulteriore revisione delle previsioni ci porta a un rallentamento della riflessione per vedere come reagisce il mercato». Nessuna correzione, quindi, rispetto a quanto annunciato nel corso dell'assemblea degli azionisti, quando l'ad aveva spiegato «che siamo pronti a esaminare varie soluzioni ma senza fretta». Un concetto ribadito anche ieri per poi aggiungere: «Gli effetti sui nostri conti sono relativamente modesti perché Saipem rappresenta il 6% dei nostri attivi». «Certo - ha proseguito - sono molto dispiaciuto per quello che è successo; ma voi sapete che non la gestiamo né possiamo gestirla». Quanto al futuro, Scaroni ha detto di non aspettarsi altre sorprese. «Abbiamo grande fiducia nel management e sono sicuro che farà bene. Mi sembra anche che ci siano segnali positivi dal portafoglio ordini».
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