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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2013 alle ore 15:44.

Due, solo due investimenti sbagliati (e per la Procura di Milano truffaldini) e la Cassa di risparmio di Ferrara ha rischiato di finire al tappeto. Ora la banca è commissariata. Ed è di ieri la notizia che il commissario straordinario Bruno Inzitari verrà affiancato dall'esperto Giovanni Capitanio, ex direttore generale della Popolare di Novara e ex Banco Popolare. Pochi giorni fa il Pm di Milano, Gaetano Ruta, nella sua requisitoria ha chiesto 8 condanne per truffa ai danni della banca.
Il processo riguarda i progetti di sviluppo immobiliare di Milano Santa Monica e MiLuce. Entrambe le operazioni erano state finanziate dalla Carife e dalla sua controllata, la Sgr Vegagest, in particolare dalla sua società attiva nel settore del real estate, Vegagest immobiliare. Per la procura di Milano, attraverso questi progetti di sviluppo immobiliare sarebbe stata portata avanti una truffa ai danni della Carife, attraverso l'acquisto di terreni comprati per importi poco rilevanti e poi rivenduti con plusvalenze di decine di milioni di euro. La procura ha chiesto la condanna a tre anni e sei mesi per Gennaro Murolo, ex direttore generale di Carife, a sei anni per i costruttori campani Dante e Luigi Siano, a quattro anni e sei mesi per i fratelli Aldo e Giorgio Magnoni (gruppo Sopaf), a quattro anni e sei mesi per Sandro Bordigoni (della Navir), a quattro anni per Mirko Leo e a due anni per Nadia Mangiarotti, entrambi della Commerfin, società riconducibile ai fratelli Siano.
Il meccanismo della frode
I due fondi Vegagest, Aster per Santa Monica e Calatrava per MiLuce avevano ricevuto ingenti finanziamenti dalla Cassa (che oggi è parte civile nel processo milanese) tra il 2006 e il 2008. Non solo, le due società immobiliari ricevevano dalla banca anche finanziamenti per comprare quote dei fondi immobiliari della controllata Vegagest e inoltre era sempre Carife, tramite il fondo Aster, a comprare dai Siano il terreno su cui costruire il complesso immobiliare, l'area ex Cascina Boffalora a Segrate, che il gruppo Commerfin degli imprenditori campani aveva pagato nel 2002 circa 12 milioni di euro, e rilevato da Carife per 117 milioni. Copione analogo, secondo gli inquirenti per il fondo Calatrava, creato per realizzare l'operazione MiLuce (in una area compresa tra via Adda e via Pirelli a Milano). Anche per questo strumento, Carife ha erogato finanziamenti ai soci del fondo per acquistarne ulteriori quote e il terreno anche in questa circostanza sarebbe stato oggetto di una supervalutazione: l'area interessata era stata comprata per 200mila euro e poi rivenduta dopo tre anni a 4,5 milioni di euro. Gli imputati secondo l'ipotesi accusatoria avrebbe così «realizzato un ingiusto profitto grazie a plurime erogazioni di finanziamento da parte di Carife utilizzando artifici e raggiri».
Gli imputati si sarebbero arricchiti, mentre il successivo crac delle iniziative ha lasciato il cerino in mano alla banca. Più che un cerino, un falò. L'insuccesso si è trasformato in boomerang: tra incagli e sofferenze nell'operazione Vegagest, Carife ha in dote 160 milioni di perdite. Non solo, altri 86 milioni di incagli derivano dall'investimento in Acqua Marcia oggi in cattive acque.
Morale, tra la truffa Vegagest e Acqua Marcia la piccola banca di Ferrara si trova con un fardello di 240 milioni di sofferenze. E il risultato si è visto con l'ultimo bilancio con perdite per 104 milioni, figlie delle svalutazioni di questi crediti per la cifra record di 228 milioni di euro. Un buco che sarebbe stato ben più profondo se la banca non avesse guadagnato dal trading 58 milioni di euro in più nel 2012. Un disastro tra raggiri (Vegagest) e imprudenze (Acqua Marcia) che poteva mandare a gambe all'aria la piccola banca ferrarese. La stessa Banca d'Italia, pur a fronte di un aumento di capitale per 150 milioni, ha ritenuto con il commissariamento che le azioni intraprese dai nuovi vertici non abbiano realizzato il necessario risanamento. Azzerato tutto si riparte. Chissà.
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