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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2013 alle ore 11:07.

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Trecento milioni subito, altri cento entro il 2015 ma solo se necessario. È una specie di aumento a rate quello che si prepara ad avviare Banca Marche: ad aprile il cda aveva già deciso il varo di un piano da 250 milioni, da allora a oggi la situazione dentro (e fuori) dall'istituto pare essersi aggravata e così sono arrivate le pressioni di Banca d'Italia per ampliare la portata dell'operazione.

Di qui la nuova delibera, adottata ieri dal board, che prevede di sottoporre a una prossima assemblea straordinaria degli azionisti un aumento fino a 300 milioni da effettuarsi entro il 31 dicembre 2013 e al tempo stesso la facoltà al Cda di aumentare il capitale sociale di ulteriori massimi 100 milioni nell'arco dei successivi 24 mesi, «in relazione ad eventuali future ulteriori esigenze di rafforzamento patrimoniale», come recita un comunicato della Banca. Sale, dunque, l'ammontare dell'aumento, ma cambiano anche le modalità: nella versione di aprile, infatti, si era ipotizzata una copertura per il 50% con aumento e per il resto con l'emissione di un convertibile, secondo lo schema proposto dall'advisor Mediobanca alla Popolare di Bari. Una soluzione che non sembera aver dato le sufficienti garanzie a Bankitalia, che evidentemente vede la necessità di un maggior contributo in termini di risorse fresche: in quest'ottica, la delibera assunta ieri dal cda prevede che i 300 milioni da trovare entro il 2013 siano tutti di aumento di capitale, mentre l'opzione del convertibile sarà utilizzabile soltanto per la seconda tranche da cento milioni.

Se è vero, come recita il comunicato diffuso ieri dal gruppo, che «l'operazione permetterà a Banca Marche di generare le condizioni per un importante consolidamento della componente di qualità primaria del suo patrimonio», il problema è ora trovare qualcuno che sia in grado di sottoscrivere e portare risorse fresche nelle casse della banca. Difficile che le quattro Fondazioni azioniste (Cr Macerata e Pesaro con il 22,5% a testa, Jesi con il 10,78 e Fano con il 3,35%) siano in grado di contribuire per i 165 milioni che in teoria spettano loro solo per il primo round, quindi si spera nell'intervento di un soggetto esterno, interessato a svolgere un ruolo pesante dentro all'istituto; nei mesi scorsi si è guardato a UniCredit, Bnl-Bnp o ad alcune presunte cordate di imprenditori locali, ma al momento sembra che nessuna di queste ipotesi sia matura; anche Intesa Sanpaolo, che è già dentro al capitale della banca con una quota del 5,8% e non ha preso parte all'ultimo aumento, sembra piuttosto fredda sul dossier: la ricerca di nuovi sostenitori sarà uno dei primi compiti che spetteranno a Rainer Masera, che giovedì prossimo dovrebbe essere eletto dagli azionisti riuniti in assemblea e quindi subito nominato presidente dal cda.

Intanto, nelle Marche la mobilitazione cresce. Martedì in Regione una mozione presentata dal presidente Spacca, sottoscritta dai capigruppo è stata approvata all'unanimità (un solo astenuto) dall'Assemblea legislativa auspica l'attivazione di «un processo di ampia partecipazione popolare alla ricapitalizzazione» che «si dovrò realizzare in base alle indicazioni di Bankitalia».Il giorno prima era stata la Confindustria regionale ad alzare la voce: «Gli imprenditori – recitava una nota – sanno quanto è importante in questo periodo di crisi avere la possibilità di contare su un istituto di credito vicino, su una banca radicata nel territorio, autonoma e tradizionalmente capace di interpretare le peculiarità del sistema economico regionale».

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