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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2013 alle ore 06:44.

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Nessuna partecipazione è più strategica per Mediobanca, nemmeno Generali, che tuttavia continuerà a essere l'investimento di portafoglio più rilevante per la banca d'affari milanese. Nel piano industriale di Mediobanca, approvato ieri all'unanimità dal consiglio, è prevista una discesa del 3% nel capitale della compagnia triestina, al ritmo dell'1% all'anno, con cessione delle azioni sul mercato. La quota di Mediobanca resterà comunque superiore al 10% conservando all'istituto di Piazzetta Cuccia la posizione di primo singolo azionista.
Il programma di alleggerimento della posizione su Generali è frutto di una valutazione aziendale, e non invece di un vincolo imposto da un automatismo del contesto regolamentare come si era pensato finora. A quanto risulta, infatti, le regole di Basilea3 sui rapporti banche-assicurazioni stanno andando nella direzione di una maggior progressività nel ridimensionamento degli impegni di capitale e di un allungamento dei tempi per arrivare a regime, sulla falsariga di quanto già anticipato per i requisiti di liquidità. Per Mediobanca il vantaggio sarà quello di poter calibrare meglio la riduzione della partecipazione, cogliendo il timing più idoneo al realizzo.
Se Generali è sicuramente il piatto forte delle dismissioni previste dal piano in un orizzonte temporale di tre anni, tutte le partecipazioni che non facciano parte del core business bancario rientreranno da ora in poi nel portafoglio degli asset disponibili per la vendita (già dal 2004 al 2010 sono state cedute partecipazioni per 3,5 miliardi). In quest'ottica saranno colte le prime scadenze utili per svincolare dai patti le quote: per Telco e Rcs le disdette cadono a settembre. Ma ci sono anche Gemina-Atlantia, Impregilo, Pirelli, Italmobiliare, Sintonia: tutto è cedibile a condizione di non svendere. Solo considerando il 3% di Generali e 2,6% di Telecom Italia, che Mediobanca otterrà dalla scissione da Telco, si arriva a un valore che ai prezzi di mercato attuali è superiore agli 800 milioni. Ma l'obiettivo è di raccogliere per questa via più del doppio, mezzi liquidi che sicuramente scongiureranno l'eventualità di un aumento di capitale, di cui del resto Mediobanca non ha bisogno avendo già oggi un core tier 1 del 12%, in linea se non superiore con quelli che si preannunciano gli obiettivi regolamentari per le banche d'affari. E non solo, perchè il ricavato delle dismissioni di quote azionarie servirà a rafforzare il core business nelle aree già presidiate, l'attività di banca d'affari e l'attività retail (con focus sulle sinergie tra Compass e CheBanca!). Mediobanca da una parte investirà in professionalità e dall'altra in tecnologia, senza prevedere acquisizioni. La presenza all'estero sarà consolidata sulle basi geografiche già esistenti che serviranno da avamposto per affacciarsi a nuovi mercati: il Sud-America da Madrid, il Nord Africa da Parigi, la Cina e l'Est da Francoforte. Restano poi le filiali di Mediobanca securities, centrate sul capital market, a Londra e New York, mentre l'ufficio di rappresentanza di Istanbul dovrebbe presto diventare operativo. Acquisizioni societarie, dunque, nel piano non sono contemplate, ma è evidente che, disponendo di abbondante liquidità, Mediobanca sarà pronta a cogliere eventuali opportunità per esempio nel private banking, dove non ha ancora raggiunto dimensioni ottimali.
Il tutto finalizzato a una sfida impegnativa. Secondo aspettative di mercato, il piano preparato dall'amministratore delegato Alberto Nagel punterebbe ad alzare il Rote, il ritorno sul capitale tangibile, dal 7% dell'esercizio 2009/2010 e dal 9% attuale a oltre il 12% a fine periodo.
Gli obiettivi del piano e tutti i dettagli, suddivisi per i diversi business, saranno illustrati alla comunità finanziaria da Nagel, dal direttore generale Saverio Vinci, dall'ad di Compass e CheBanca! Gian Luca Sichel nella mattinata di oggi, a partire dalle 9, in Piazzetta Cuccia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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