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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2013 alle ore 06:46.

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MILANO
Slittamento di due anni del piano di rientro dei debiti, attribuzione alle banche di strumenti partecipativi con una percentuale di conversione al 20% e snellimento della governance con la previsione del "casting vote" al presidente. Sono queste le tre linee guida del piano che la Carlo Tassara presenterà alle banche nei prossimi giorni. Al momento, secondo quanto si apprende, non è stato fissato ancora alcun incontro ufficiale, ma alcune fonti riferiscono che potrebbe tenersi già la prossima settimana. Si attende infatti che il tutto si chiuda al più presto, dato che il via libera al piano e al nuovo contratto con le banche è legato a doppio filo all'approvazione del bilancio 2012 nelle prospettive di una continuità aziendale. Proprio qui sta la questione chiave. Ad oggi la Carlo Tassara ha un patrimonio netto negativo. Ci sono infatti 2,2 miliardi di debiti a fronte di un portafoglio partecipazioni che a stento supera il valore di un miliardo. Le quote di spicco sono rappresentate da pacchetti chiave nelle principali realtà italiane: l'1,7% di Intesa Sanpaolo, l'1,42% di Ubi Banca, il 2,5% di A2A, l'1,73% di Cattolica, lo 0,25% della Bpm, l'1,14% di Mps, lo 0,68% di Generali, l'1,17% di Mediobanca e il 19% di Mittel. Tre di queste «partecipate», ovvero Intesa Sanpaolo, Ubi e Mps, sono anche i principali creditori della Carlo Tassara. Dei 2,2 miliardi di debiti attuali, Intesa Sanpaolo è infatti esposta per 1,2 miliardi. Seguono in rapida successione Unicredit (500 milioni), Mps (200 milioni) e Ubi (150 milioni).
Oltre al portafoglio italiano si sommano poi le partecipazioni estere rappresentate dal 12,8% del gruppo minerario francese Eramet, dal 35% della banca polacca Alior Bank e dal 7% di Comilog una miniera di manganese in Gabon. Stando alla capitalizzazione delle due quotate, la quota Eramet (1,7 miliardi) vale circa 220 milioni, mentre il 35% di Alior la cui capitalizzazione è ora intorno ai 1,2 miliardi di euro può valere almeno 400 milioni di euro. In tutto, dunque, tra quote in società italiane ed estere l'incasso potenziale per la Tassara nel caso in cui liquidasse oggi l'intero portafoglio sarebbe intorno a 1,2 miliardi, troppo poco se confrontato con i debiti che la società ha verso gli istituti italiani.
Da qui la necessità di costruire un nuovo piano in grado di mettere in sicurezza la società soprattutto sotto il profilo del nav. Rinviare di altri due anni, alla fine del 2015, il rientro dei 2,2 miliardi di debiti non bastava. Ecco perché la società sta presentando alle banche una nuova proposta, ovvero convertire una parte del loro credito in strumenti partecipativi. La percentuale di conversione sarebbe nell'ordine del 20%. Questo non significa, però, che gli istituti entreranno nel capitale della società, ma la conversione di una parte dei debiti in equity servirà solo a rafforzare il patrimonio netto della società fornendo così i presupposti per la continuità aziendale. Non solo. Nella nuova bozza di accordo, che dovrà essere discussa formalmente con gli istituti, è prevista anche una modifica alla governance. L'obiettivo è infatti quello di evitare situazioni di stallo in una società dove proprio la rapidità decisionale è decisiva per la valorizzazione delle partecipazioni. In questa chiave sarebbe da leggere l'inserimento della così detta clausola del casting vote in base alla quale, nell'ipotesi di parità di voti nel consiglio di amministrazione, viene data prevalenza al voto del presidente o di un particolare consigliere che nella sostanza vale doppio. Attualmente il consiglio di amministrazione della Tassara è formato da sei membri e il casting vote sarebbe attribuito al presidente Pietro Modiano.
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