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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2013 alle ore 08:43.
Chiudere senza esitazione partite non condivise sotto il profilo «industriale» o promuovere la fine di patti che non hanno più motivo di esistere. Anche a costo di pagare un caro prezzo. La famiglia Benetton ha sempre sposato questo principio in tema di partecipazione agli accordi di sindacato o a realtà industriali fuori dalla loro galassia di appartenenza. Rcs inclusa. Una filosofia che hanno seguito in casa, dove il patto Sintonia (Mediobanca, Goldman Sachs, Edizione e Gic) è l'unico sopravvissuto dopo la cessazione dello storico accordo di Gemina, ma soprattutto all'esterno dove hanno deciso di uscire in perdita dall'avventura in Telecom Italia (prima) o farsi diluire in Rcs (dopo), dove avevano un pacchetto di quasi il 5%. Ora si guarda a Mediobanca e Pirelli, due accordi che per motivi diversi sono in via di definizione e che vedono la famiglia socia con il 2,2% di piazzetta Cuccia e il 4,6% della Bicocca.
L'avventura più pesante per i conti della famiglia Benetton, porta il nome di Telecom Italia. Tra Olimpia e Telco Ponzano Veneto ha perso qualcosa come 1,5 miliardi di euro circa tra investimento iniziale (1 miliardo) e successive ricapitalizzazioni. Dopo otto anni di "militanza", e corpose svalutazioni (acquistato attorno a 4,2 euro a titolo), la famiglia Benetton ha deciso di chiudere il dossier Telecom ad ottobre del 2009. Sintonia ha chiesto la scissione dell'8,4% di Telco pari a un 2% diretto in Telecom, ma l'asset ai tempi valeva quanto i debiti che la finanziaria si è portata a casa (300 milioni). Col senno di poi, restare nella partita per altri quattro anni avrebbe solo incrementato esponenzialmente le perdite. Ma il rosso è un dato di fatto. E pesa.
La partita Rcs, al pari delle tlc, si è tradotta in una perdita secca. L'ingresso nel gruppo che edita il Corriere della Sera risale a a giugno del 2006. Nell'ambito del collocamento lampo del pacchetto del 10% di Stefano Ricucci da parte della Banca Popolare Italiana (oggi il Banco Popolare) i Benetton rilevarono un pacchetto rotondo del 5% investendo 165 milioni di euro. Oggi, la stessa partecipazione, post aumento di capitale si diluirà all'1,2%, quota che vale appena 2 milioni di euro. A conti fatti, l'intero investimento è sfumato. Questo però non prima che la stessa Ponzano Veneto, insieme a Diego Della Valle, motivasse «industrialmente» la decisione di non seguire la ricapitalizzazione, giudicando inappropriato lo schema di ristrutturazione e il piano industriale approvato dal gruppo.
Ora l'attenzione del mercato è focalizzata su come si comporterà la famiglia nell'ambito degli accordi Mediobanca e Pirelli. Nel caso di piazzetta Cuccia, Gianni Mion, vicepresidente della holding che fa capo ai Benetton, ha detto che l'intenzione è di restare nell'accordo parasociale. «Non credo che Edizione uscirà dal patto di sindacato di Mediobanca», ha detto, «vedremo cosa fanno, non so. Attraverseremo quel ponte quando ci arriveremo». L'accordo di piazzetta Cuccia, infatti, è in scadenza a fine anno, ma con eventuali disdette tre mesi prima. I lavori per il rinnovo sono però già in corso con l'obiettivo di rendere più snello l'accordo che attualmente vincola il 42,13% del capitale. La soglia del 35% potrebbe essere una opzione ritenuta interessante da alcuni pattisti, di certo sotto il 40%.
Infine c'è il capitolo Pirelli. In questo caso i Benetton, che fanno parte del patto con il 4,6%, hanno già dichiarato che resteranno soci della Bicocca a supporto della gestione di Marco Tronchetti Provera. Il patto di sindacato della Bicocca, rinnovato per un anno e in scadenza a marzo del 2015, va infatti verso lo scioglimento.
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