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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2013 alle ore 06:45.

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Come se i piani di espansione di Rio Tinto e Bhp Billiton non bastassero, un'altro grande deposito di minerale di ferro – da 55 milioni di tonnellate l'anno – potrebbe entrare in produzione nel 2015, accrescendo l'eccesso di offerta che molti analisti prevedono eserciterà forti pressioni sui prezzi della materie prima. Si tratta della miniera di Roy Hill, nella regione australiana del Pilbara, progetto di punta della Hancock Prospecting di Gina Rinehart, la donna più ricca d'Australia in base alle classifiche di Forbes, con una fortuna personale di 17 miliardi di dollari.
Il progetto, che richiede un investimento di almeno 10 miliardi di dollari Usa, sembrava in difficoltà nel reperire finanziamenti. Fonti Reuters riferiscono però che adesso si sarebbe vicini ad un accordo con alcune agenzie di credito all'esportazione di Giappone e Corea del Sud. «Siamo cautamente ottimisti di poter concludere entro la fine del 2013», ha confermato un portavoce della Hancock. Inoltre, la struttura azionaria di Roy Hill si è rafforzata: l'armatore sudcoreano Stx, in crisi di liquidità, proprio ieri ha comunicato di aver ceduto la sua quota del 2,5% alla casa di trading giapponese Marubeni, che sale quindi al 15 per cento. Del progetto, controllato con il 70% dalla Hanckock Prospecting, sono soci anche la sudcoreana Posco (12,5%) e la China Steel Corp di Taiwan (2,5%).
A mettere i bastoni tra le ruote a Gina Rinehart sembra essere rimasta soltanto Rio Tinto. Il colosso minerario ha dichiarato che farà appello contro una recente sentenza che gli impone di pagare royalties per 200 milioni di dollari australiani (140,6 milioni di euro) alla Hancock Prospecting e alla Wright Prospecting di Angela Bennett.
La Corte suprema del New South Wales aveva deliberato in favore di queste ultime a metà maggio. In base a un accordo firmato tra le parti 43 anni fa, Rio Tinto avrebbe dovuto pagare delle royalties su depositi di minerali ferrosi acquistati nel 1970. Il gruppo sostiene di aver perso il controllo di quesi giacimenti per un breve periodo negli anni '70 e per questo ritiene di non dover pagare alcunché. Nonostante ciò, Rio ha accantonato in bilancio 183 milioni di dollari Usa in vista di un possibile pagamento.
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