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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2013 alle ore 06:44.

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ROMA
Eni rafforza la presenza in Algeria e si prepara ad avviare, assieme a Sonatrach, l'esplorazione dell'area montuosa dell'Atlante, sinora mai interessata dalla ricerca di idrocarburi. Gli accordi per dare il via al progetto - e al contempo per concordare lo sviluppo di nuove attività offshore e nello shale gas - sono stati suggellati nell'incontro avvenuto ieri tra l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, e il ministro dell'energia algerino, Youcef Yousfi. Un segnale che i rapporti tra le autorità locali e il gruppo del cane a sei zampe non sono stati intaccati dalla vicenda delle tangenti in cui è coinvolta Saipem, partecipata dal gruppo Eni.
«L'aspetto più interessante discusso in occasione dell'incontro - spiega Scaroni al Sole 24 Ore - è l'inizio dell'attività esplorativa nell'Atlante. Eni è portatore dell'esperienza di grande successo che ha in Val d'Agri. In Basilicata il petrolio si trova a 700-900 metri di altezza, in una configurazione orografica molto simile a quella dell'Atlante. Inizieremo un'attività esplorativa congiunta con il nostro partner Sonatrach. I primi tentativi saranno eseguiti alle pendici del rilievo montuoso, che si trova a 100 chilometri a sud di Algeri, in una zona dove avevamo già fatto primi sondaggi nel 2008-2009».
L'obiettivo non è la ricerca di un particolare idrocarburo, anche se in realtà l'Algeria è più prolifica di gas che di petrolio. «Quello che troviamo ci va bene - sorride Scaroni -. In ogni caso questa attività fa parte di ciò che noi definiamo "high risk high reward". Andiamo a esplorare in zone dove non è mai stato scoperto nulla, il rischio quindi è più alto che altrove. Se però si fanno scoperte, queste si rivelano in genere molto interessanti. È un po' come accaduto in Mozambico: quando siamo andati ad esplorare a metà degli anni 2000 nessuno aveva mai trovato nulla. Il nostro lavoro è fatto anche di questo: da un lato facciamo esplorazione nelle zone contigue, vicino alle aree in cui sono stati trovati giacimenti. E ogni tanto, dopo aver fatto studi geologici che ci indicano buone probabilità di trovare qualcosa, ci lanciamo in iniziative un po' più ad alto rischio».
In caso di scoperte, Eni dividerà con Sonatrach i proventi. «Tutto ciò che si fa in Algeria è al 50 per cento con Sonatrach - osserva il manager -. Ci muoviamo con sistemi contrattuali già collaudati, del tipo "production sharing contract" in cui ci si dividono le risorse che si trovano». Le relazioni con l'Algeria hanno vissuto una fase un po' tumultuosa con la vicenda delle tangenti che Saipem è accusata di aver pagato in quel paese. «Ho incontrato la massima autorità algerina del settore - chiosa Scaroni -. Ho parlato con lui di futuro, e di futuro in crescita: questo vuol dire che i rapporti di Eni con il paese non sono per nulla influenzati dalla vicenda Saipem. Loro, come è giusto che sia, vedono Saipem come una realtà distinta da Eni. I nostri rapporti con gli algerini sono eccellenti».
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