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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2013 alle ore 06:45.

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FIRENZE.
L'Italia fa muro nei confronti dell'Unione europea sul caso Monte dei Paschi. La sostanziale bocciatura del piano di ristrutturazione del gruppo senese, decisa dalla Commissione dell'Ue che ha chiesto ulteriori sacrifici, a giudizio del nostro Governo e di Bankitalia non sarebbe giustificata.
«È opinione comune che sia corretta la tesi sostenuta da Roma e non quella di Bruxelles», ha commentato ieri una fonte di Palazzo Chigi, secondo quanto riporta l'agenzia Ansa, al termine dall'incontro tra il premier Enrico Letta, il governatore Ignazio Visco e il ministro Fabrizio Saccomanni che si è tenuto nella capitale. Il nodo riguarda la valutazione dei 4 miliardi di Monti bond emessi da Siena e sottoscritti dal Tesoro italiano: se aiuti di Stato o finanziamento oneroso. E dal momento che il tasso d'interesse è del 9% per i primi due anni (poi aumenta fino al 15%), la posizione del nostro Paese è favorevole alla seconda lettura.
«È necessario far recedere l'Unione europea dalla posizione punitiva nei confronti del Montepaschi, banca di livello nazionale, dal cui rilancio dipende anche la sopravvivenza della Fondazione Mps», dice Bruno Valentini, sindaco (Pd) di Siena. Mentre il gruppo di Rocca Salimbeni, presieduto da Alessandro Profumo e guidato dall'amministratore delegato Fabrizio Viola, combatte per superare le difficoltà del mercato e i guasti del recente passato (vedere altro servizio sulle inchieste della magistratura), la Fondazione volta pagina e punta a mettersi il prima possibile in sicurezza.
L'obiettivo è cancellare il debito di 350 milioni, possibilmente entro l'anno. L'Ente guidato negli ultimi sette anni da Gabriello Mancini ieri ha nominato il nuovo organo d'indirizzo (la deputazione generale di 14 persone), sulla base di una governance inedita per Siena, che lascia al fronte politico solo la metà delle poltrone: quattro le ha indicate il sindaco (Egidio Bianchi, Sergio Betti, Barbara Lazzeroni e Alessandra Navarri); due il presidente della Provincia (Vincenzo Cesarini e Simonetta Sancasciani); e una (Amedeo Alpi) il governatore della Regione Toscana.
Gli altri nomi sono Carlo Guiggiani (Camera di commercio di Siena), Bettina Campedelli (Ateneo), Alessandro Grifoni (Arcidiocesi senese), unico confermato; Riccardo Campa (Università per stranieri); Vareno Cucini (Consulta del volontariato); Sergio Daolio (Cnr) e Antonio Paolucci (Consiglio superiore per i beni culturali). La prima riunione dell'organo di governo rinnovato dovrebbe tenersi entro l'inizio della prossima settimana. In quell'occasione sarà scelto il presidente e nominata la deputazione amministratrice (cda), composta di cinque persone.
Con la seduta di ieri s'è sostanzialmente conclusa l'era Mancini, caratterizzata dalle ombre di un'eccessiva dipendenza alla politica e alle scelte strategiche della banca di Rocca Salimbeni, ma anche nell'ultimo anno e mezzo dalla luce di una tenace volontà di rinnovamento dello statuto e della governance. A sostituirlo, secondo le indiscrezioni delle ultime ore, dovrebbe arrivare Francesco Maria Pizzetti, 67 anni a novembre, giurista di fama internazionale, docente di diritto costituzionale alla Luiss, fino al 2012 presidente dell'Autorità garante per la privacy.
La scelta di Pizzetti, se confermata, è un segnale di cambiamento ma anche di continuità. Una cosa è certa: il mandato della nuova Fondazione non può che essere circoscritto all'obiettivo primario di rimborsare il debito residuo in tempi rapidi, vendendo ancora almeno un 15% di Banca Mps, oggi in portafoglio per il 33,5%. Il destino dell'Ente che una volta controllava la terza banca del paese e aveva un patrimonio di 6 miliardi sarà poi quello di scendere ben al di sotto del 10% in Mps, una volta che, nel 2014, il gruppo senese varerà l'aumento di capitale già in programma. Ma questo è un capitolo ancora tutto da scrivere.
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