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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2013 alle ore 08:27.

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Banca Marche, la ricca buonuscita di Bianconi e un danno da 2 miliardi

L'ultimo assegno incassato da Massimo Bianconi, direttore generale dal 2004 a settembre del 2012 di Banca Marche, sarebbe stato di 2,3 milioni di euro. Così narrano le cronache. Liquidazione di fine rapporto e uscita definitiva dall'istituto marchigiano per un manager abituato a incassare 1,5 milioni l'anno di stipendio. Ma il conto che si è lasciato alle spalle Bianconi e la sua ex prima linea di manager ora non più in banca è impressionante.

Con l'uscita dell'ex banchiere, con trascorsi importanti in UniCredit, Banca Marche si è ritrovata improvvisamente con 1,9 miliardi di crediti a rischio in più. In un solo anno. Due milioni di buonuscita contro due miliardi di possibili perdite per la banca, dato che i crediti deteriorati sono passati da 2,8 miliardi a 4,7 miliardi. Una voragine quella lasciata dall'ex dominus incontrastato dell'istituto per il quale la Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata aveva chiesto l'avvio di un'azione di responsabilità nei confronti sia di Bianconi che dell'intero Cda e del collegio sindacale. Proposta bocciata di recente dagli altri soci.

Gestione dissennata
Eppure vista con gli occhi di poi la gestione Bianconi appare più che dissennata. Quell'esplosione record delle partite creditizie incagliate salite da 760 milioni del 2011 a ben 2,4 miliardi del 2012, getta una luce sinistra sul credito facile, dato a piene mani a personaggi discutibili da Bianconi e i suoi. La Banca sta tentando di tutelarsi, dopo aver subito la perdita record da oltre 500 milioni nel 2012, dal retaggio della gestione Bianconi. Due esposti sono stati indirizzati alla Procura dai nuovi vertici della banca e citano operazioni sospette di leasing e prestiti con almeno 16 clienti condotte da Bianconi. Tra i nomi quelli dell'immobiliarista Vittorio Casale già finito agli arresti per vari reati; del gruppo pugliese Ciccolella finito in un'inchiesta per truffa sui finanziamenti europei; del costruttore anconetano Lanari e dell'imprenditore farmaceutico Canio Mazzaro. Tutte operazioni che rischiano di costare caro alla banca in termini di prestiti inesigibili. Che certa spegiudicatezza di Bianconi nel concedere credito facile fosse nota è un fatto.

Prime multe già nel 2011
Già nel 2011 Banca d'Italia sanzionò Bianconi, il Cda e il collegio sindacale per carenze nei controlli interni. Un primo segnale che le cose non funzionavano a dovere. Poi interventi sempre più drastici con la richiesta di un passo indietro del banchiere e soprattutto il passaggio al setaccio dei bilanci con quei crediti per oltre 2 miliardi tenuti in bonis, ma in realtà incagliati. Nel mentre uno strano balletto si inscenava. Bianconi viene dimissionato nel giugno del 2011, incassa la liquidazione, ma viene riassunto miracolosamente poche settimane dopo. O il caso della presunta lettera di manleva (che solleva l'ex direttore da ogni responsabilità) consegnata a Bianconi e di cui pare non ci sia più traccia. Insomma a Jesi si nicchia. Bianconi è da sempre chiaccherato anche per le sue personali operazioni immobiliari e per i finanziamenti concessi da Tercas (banca poi finita commissariata) a Bianconi e famiglia per un giro di compravendite immobiliari anche all'estero. Eppure Bianconi viene cacciato e poi ripreso. Fino all'uscita definitiva dal gruppo un anno fa. Ma è tardi, il danno è fatto. E il danno sta tutto nel fardello pesante lasciato in eredità alla banca. Non tanto e solo in quelle svalutazioni sui crediti per un miliardo nel 2012, ma nella mole di crediti a rischio che restano in pancia alla banca: 3,4 miliardi di prestiti malati, una cifra che vale quasi 3 volte il capitale dell'istituto. Che intanto dovrà fare un aumento di capitale (il secondo in 2 anni) da 300 milioni per riportare in sicurezza la banca. Passaggi difficili che attendono alla prova il nuovo management.

Che intanto però rassicura sui cosiddetti "grandi rischi" della banca, nove posizioni per un ammontare di 5,5 miliardi che Il Sole-24Ore aveva pubblicato riprendendoli dal bilancio. Ebbene spiega la banca: «Di quei 5,5 miliardi; 2,8 miliardi sono titoli di Stato e altre esposizioni sono su Banca d'Italia e controparti istituzionali. Solo tre posizioni riguardano crediti su clienti per un ammontare di soli 460 milioni». Rischio molto contenuto quindi. Resta da capire quanto di quei 3,4 miliardi di crediti dubbi ancora a bilancio potranno essere recuperati in futuro. È questa l'eredità pesantissima che Bianconi ha lasciato alla banca.

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