Sabato mattina la firma del decreto di sequestro da parte del Gip, l'altro ieri di prima mattina l'esecuzione da parte del nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Torino. Dopo l'ultima "fiammata" estiva dell'inchiesta su FonSai, a Torino si è aperta una (breve) pausa di riflessione per il procuratore aggiunto Vittorio Nessi e il sostituto Marco Gianoglio, titolari dei fascicoli aperti un anno fa con le prime iscrizioni nel registro degli indagati.
Gli stessi sequestri, così come le decisioni del tribunale del riesame della settimana scorsa di confermare le misure cautelari per i componenti della famiglia Ligresti e per gli ex top manager di Fondiaria Sai, Fausto Marchionni ed Emanuele Erbetta, sono un punto a favore degli inquirenti, segno del fatto che la trama accusatoria per il momento tiene. I Pm, che non hanno ancora avviato la stesura delle richieste di rinvio a giudizio stanno mettendo a punto le prossime mosse, ma – per ora – non si parla di nuovi interrogatori; i colloqui delle settimane scorse non hanno smontato le accuse, è vero, però non hanno neanche fornito elementi nuovi particolarmente utili a ricostruire come avveniva la gestione di FonSai negli anni dei Ligresti, e in particolare chi, tra manager e componenti della famiglia, si è assunto la responsabilità di agire sulle riserve sinistri e chi si è limitato a non effettuare i controlli. Questo è il punto chiave: i reati, dal falso in bilancio alla manipolazione del mercato non sembrano in discussione, ma c'è da chiarire nei dettagli le dinamiche interne alla compagnia che li hanno generati. Un aspetto, questo, per il quale resta fondamentale anche il ruolo di Salvatore Ligresti, il capofamiglia, che si è dichiarato indisponibile a farsi interrogare per un mese, per motivi di salute: la Procura starebbe anche valutando la possibilità di chiedere una visita medica, per accertare le condizioni dell'ingegnere e capire se e quando sia disposto a parlare con i Pm.
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