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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2013 alle ore 06:45.

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I segnali di ripresa che vengono dalle economie mondiali - e in particolar modo dalla Cina - hanno spinto ieri il rame ai livelli massimi da nove settimane. I picchi delle ultime 24 ore sono resi ulteriormente significativi dal fatto che giungono nonostante la sensazione diffusa tra gli investitori che la politica monetaria accomodante della Federal Reserve americana, con i suoi riflessi positivi sui mercati delle commodity, potrebbe presto gradualmente venire meno. Un'impressione che negli ultimi giorni è stata rafforzata dai segnali di crescita giunti dal settore retail statunitense che a luglio ha registrato un incremento delle vendite dello 0,5%.
Le quotazioni del rame a tre mesi al London Metal Exchange ieri hanno chiuso in rialzo a 7.300 dollari alla tonnellata dai 7.275 di martedì. «I mercati sono cautamente ottimisti per via dei segnali di ripresa che giungono dall'economia cinese», spiega Andrey Kryuchenkov, un analista di Vtb. La produzione industriale della seconda economia del mondo a luglio è cresciuta del 9,7% rispetto a un anno fa, battendo le attese degli analisti che avevano stimato un incremento dell'8,9%. Analogamente il mese scorso ha registrato incrementi sia sul fronte delle importazioni che dell'export.
Dati ai quali si sono aggiunti quelli giunti ieri dall'Eurozona che grazie alle economie di Francia e Germania, nel secondo trimestre dell'anno è emersa dalla sua recessione più lunga di sempre. È grazie a questi indicatori che le quotazioni del rame, un metallo usato in grande quantità in settori ciclici come le costruzioni e l'energia, oggi sono superiori di circa il 10% rispetto ai livelli toccati lo scorso 25 giugno, quando scesero ai minimi da tre anni a 6,602 dollari alla tonnellata.
A conferma del fatto che la recente ripresa dei prezzi non è da imputare a una frenata sul fronte dell'offerta ci sono i dati di Glencore Xstrata che ieri ha annunciato che la sua produzione di rame dei primi sei mesi del 2013 è aumentata di circa un quinto.
La multinazionale mineraria e del trading è, tra i big del settore, quello più esposto al rame e nel primi semestre dell'anno ha prodotto 673.400 tonnellate del metallo rosso, sostanzialmente in linea con le previsioni. Il secondo trimestre ha dato risultati migliori dei primi tre mesi a 351.600 tonnellate, in rialzo del 22%, rispetto all'anno scorso.
Il merito degli incrementi produttivi è da ascrivere soprattutto alle miniere dell'America Latina, compresa quella recentemente inaugurata ad Antapaccay in Perù e le migliorie apportate a quella di Collahuasi in Cile. Forti incrementi produttivi si sono registrati anche sul fronte africano: 171.500 tonnellate, in crescita del 40% grazie alle attività in Zambia e nella Repubblica Democratica del Congo. Sempre sul fronte africano Glencore si aspetta che le miniere di Katanga e Mutanda in Congo raggiungano i previsti livelli produttivi annuali di 270mila e 200mila tonnellate.
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