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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2013 alle ore 20:18.

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Dopo cinque giorni di rialzi le quotazioni del Brent si sono consolidate ieri sopra quota 110 dollari al barile, in attesa che il quadro politico in Medio Oriente, quello meteorologico nel Golfo del Messico e quello di politica monetaria negli Stati Uniti offrano indicazioni più precise.

Sul fronte politico mediorientale la situazione resta estremamente complessa con forti elementi di incertezza in tre diversi Paesi come Egitto, Libia e Iraq. Le decine di morti ieri nelle manifestazioni di piazza al Cairo hanno ricordato che la crisi egiziana, nonostante le prese di distanza internazionali dalla repressione, resta ben lontana da una soluzione. Fino a oggi l'operatività dei porti egiziani e dello Stretto di Suez non è stata ancora intaccata, ma il fatto che il Paese arabo sia così vitale nel trasporto del petrolio (dall'oleodotto Sumed che collega Suez con il Mediterraneo lo scorso anno sono transitati in media 4,51 milioni di barili al giorno) fa sì che l'attenzione rivolta dagli operatori agli sviluppi della crisi sia ancora elevata. Senza contare che più la fase di tensione tra islamisti ed esercito si prolunga, maggiori sono le possibilità di un contagio verso altri Paesi della regione, compresi quelli con un ruolo più centrale di quello del Cairo sotto il profilo dell'estrazione.

Ma gli elementi di incertezza provenienti dal Medio Oriente non sono solo quelli che occupano le prime pagine dei giornali. In Iraq per esempio non c'è ancora chiarezza su quanto accadrà sul fronte dell'export: secondo un portavoce del ministero del Petrolio a settembre dovrebbe esserci un incremento rispetto a luglio (quando furono esportati 2.324 milioni di barili) dei quantitativi di greggio diretti all'estero, ma per il momento resta un grosso punto interrogativo sui terminal di Bassora dove il mese prossimo potrebbero esserci dei lavori di manutenzione.

Situazione complessa anche in Libia che da una parte ha ripreso l'esportazione dalla sua raffineria più grande, quella di Ras Lanuf, e dall'altra continua a vedere la maggior parte dei terminal del greggio, compreso il numero uno Es Sider, paralizzati dalle proteste. Una serie di scioperi nei porti principali del Paese ha spinto la produzione e l'export di petrolio ai livelli più bassi dallo scoppio della guerra civile che nel 2011 ha travolto il regime di Muammar Gheddafi. Il fatto che il governo libico stia apertamente minacciando il ricorso all'esercito per sedare le proteste lascia intuire quanto sia volatile la situazione nel Paese.

Nonostante tutti questi fattori di instabilità provenienti dalla regione che nel primo trimestre dell'anno ha estratto il 35% del petrolio mondiale (a cui si somma il rischio che sulle piattaforme del Golfo del Messico si abbatta nel giro di 24 ore un ciclone tropicale), le quotazioni ieri hanno sostanzialmente consolidato i guadagni della settimana. Segno di qualche presa di profitto, ma anche della sensazione che l'inizio del tapering della Fed potrebbe essere vicino.

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