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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2013 alle ore 08:45.

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Una popolare bilanciata con una Sorveglianza ridotta e dai seggi equamente ripartiti tra dipendenti e soci "di capitale" e un Consiglio di Gestione rafforzato dall'ingresso di due indipendenti. Non è ancora scritta nero su bianco, ma è la formula su cui si lavora a una mediazione nella Popolare di Milano, mettendo da parte, almeno per ora il progetto di Spa, anche ibrida.
Il cantiere della governance è nel pieno, e la prossima settimana sarà fondamentale per capire se c'è qualche possibilità che si finisca l'opera nei tempi fissati, cioè per la fine di ottobre. Domani prima il Consiglio di Gestione e poi nel pomeriggio la Sorveglianza si confronteranno sulla risposta da inviare alla Banca d'Italia dopo il verbale ispettivo lasciato in estate al termine dell'ispezione. Il documento tratterà essenzialmente questioni gestionali, ma visto che la Vigilanza aveva sollevato in modo chiaro anche il tema della governance, è probabile che la lettera in partenza da Piazza Meda ne faccia cenno.
Dunque il tema sarà sul tavolo dei consigli in agenda per domani: un'occasione, in particolare, per sondare il clima nella Gestione e soprattutto nella Sorveglianza, l'organo più vicino – quanto a umori ed equilibri – all'assemblea. Come detto, i due consigli non hanno ancora presentato una proposta formale, ma nel frattempo si sono mossi con i propri consulenti per individuare i punti fermi di quella che potrebbe diventare la nuova governance della Bpm. Il modello, e qui le visioni dei due consigli sembrano convergere, è una popolare bilanciata. Su come debba avvenire il bilanciamento, però, la discussione resta aperta: le diverse anime della banca sembrano concordare sulla necessità di cambiare le attuali regole, in particolare quell'articolo 47 dello statuto secondo il quale dei 17-19 consiglieri della Sorveglianza 11 (compresi presidenti e due vice) vengono prelevati dalla lista di maggioranza, tradizionalmente quella espressa dai soci-dipendenti. Cambiare, dunque. Ma come? Anzitutto riducendo il board, che potrebbe scendere a 13-15 membri. Più difficile trovare una quadra sull'attribuzione dei seggi: un'ipotesi sembra quella di assegnarne un numero pari (4, 5 o 6) ai dipendenti-soci e ai soci di capitale (che oggi hanno solo due consiglieri "garantiti") e la quota restante agli indipendenti; una seconda alternativa, invece, prevederebbe tre quote paritetiche, mentre la terza – più vicina alla situazione attuale – assegnerebbe ai soci dipendenti la maggioranza più una delle poltrone. Ipotesi, comunque. Sulle quali nei giorni scorsi il presidente del CdG Andrea C. Bonomi si è confrontato con la Vigilanza e con i rappresentanti delle principali sigle sindacali. Colloqui giudicati da tutti positivi, di cui si avrà probabilmente un ulteriore riscontro martedì, quando lo stesso Bonomi interverrà a Roma alla giornata delle Popolari organizzata dalla Uilca: oltre a Bonomi, e al vice presidente del CdS Umberto Bocchino, ci saranno il presidente del Banco Popolare, Carlo Fratta Pasini e l'ad di Bper, Luigi Odorici, oltre a economisti e rappresentanti di Abi e sindacato. In pratica, il contesto ideale per capire che aria tira intorno al cantiere delle Popolari e in particolare di quello della Bpm. Che intanto si interroga anche su due altri punti: la redistribuzione delle deleghe tra Cdg e CdS e l'eventuale sfasatura del mandato tra i due organi; il modo per consentire all'attuale Gestione di dimettersi nei prossimi mesi, all'indomani della necessaria assemblea per la modifica dello statuto, essere rielatta e restare in carica per il prossimo triennio. Per proseguire, magari, la riforma della governance.
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