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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2013 alle ore 06:56.

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Il primo future agricolo italiano, quello sul grano duro, lanciato in gennaio a Piazza Affari, fatica ad attrarre liquidità. Che sia in Italia, oppure sulle più collaudate piazze di Chicago e Parigi, agli agricoltori nostrani sarà tuttavia sempre più necessario prendere dimestichezza con i derivati. Ne è convinto il ministero dell'Agricoltura, che nei giorni scorsi ha organizzato un seminario che si propone come l'avvio di un percorso di formazione verso il maggiore utilizzo delle pratiche di «hedging», ossia la copertura dei rischi attraverso strumenti di Borsa.
Niente di nuovo per i coltivatori americani, abituati a scambiare future e opzioni fin dall'800, e da qualche anno neppure per i cugini d'Oltralpe: anche i future parigini sul frumento, nati nel 1986, sono decollati davvero solo durante lo scorso decennio, ma adesso vengono largamente utilizzati. In Italia c'è ancora molta strada da fare. Ma è arrivato il momento di muoversi. «La nostra agricoltura è sempre più orientata al mercato», spiega Felice Assenza, direttore generale delle Politiche internazionali e dell'Unione europea del ministero di via Venti Settembre. «La riforma della Pac, per cui a giugno si è concluso l'accordo al 2020, ha conservato strumenti per certi versi obsoleti, ma le misure di sostegno verranno d'ora in poi utilizzate in modo molto più soft».
È stata inoltre la stessa Commissione europea ad avviare un programma di studio volto a individuare gli strumenti più idonei a contrastare la volatilità dei prezzi delle commodities agricole. In pratica i derivati, che godono di pessima fama, ma che, nel caso di future negoziati su borse regolamentate, non hanno motivo di spaventare. «In fin dei conti è speculazione anche non coprirsi dai rischi», è la provocazione lanciata alla platea del seminario da Marco Zuppiroli, professore di Economia dell'Università di Parma. «A ottobre, al momento della semina, non si ha alcuna visibilità sui prezzi a luglio, quando ci sarà il raccolto». Si tratta insomma di una pura scommessa: chi "vince" guadagna senz'altro di più rispetto a chi ha speso in operazioni di copertura, ma le perdite possono essere davvero pesanti. «Una normale polizza assicurativa non sempre è adeguata – spiega Zuppiroli – Va bene per proteggere da rischi come una grandinata, ma sarebbe troppo oneroso coprire rischi sistemici come le grandi siccità che hanno colpito Russia e Usa».
Le azioni di sensibilizzazione – nei confronti dei produttori e degli utilizzatori di commodities agricole – rappresentano comunque un passo indispensabile ma non sufficiente per diffondere pratiche di hedging. Nelle banche italiane scarseggiano gli interlocutori in grado di gestire una materia così complessa. E in particolare, denuncia Fabio Russo, presidente di Nidera, «è difficile farsi finanziare i margin call», i versamenti di denaro richiesti per mantenere aperta una posizione. Un suggerimento? «Forse ci vorrebbero linee di credito garantite dal Governo, quando il fine delle operazioni non è speculativo».
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