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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2013 alle ore 08:40.

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Solo l'Australia nel prossimo trimestre metterà sul mercato 12 milioni di tonnellate di minerale di ferro in più. Altri 22 milioni li ha già aggiunti nel corso del 2013 – man mano che procedevano i piani di sviluppo delle miniere di Bhp Billiton, Rio Tinto e Fortescue Metals Group – e 140 milioni in più li aggiungerà nei prossimi due anni. Anche dal Brasile, intanto, sono in arrivo maggiori forniture, per ora grazie al miglioramento delle infrastrutture di trasporto e presto con l'espansione delle attività estrattive programmata da Vale. Infine, dovrebbe esserci una ripresa – sia pure moderata – delle spedizioni dall'India.
Il rapido incremento delle forniture, che entro fine anno potrebbe portare l'offerta complessiva di minerale di ferro a sfiorare 1,2 miliardi di tonnellate, con un incremento di oltre 50 milioni, non è tuttavia riuscita ad abbattere i prezzi. Le quotazioni spot rilevate da Steel Index sul mercato cinese (un benchmark al quale sono indicizzati moltissimi contratti di fornitura in tutto il mondo) stanno chiudendo il trimestre con una media intorno 136 dollari per tonnellata: un livello superato soltanto una volta in precedenza e che pesa come un macigno sui già precari bilanci delle imprese siderurgiche.
Rispetto ai record del 2011, oltre 190 $/tonn, i prezzi si sono ridimensionati. Ma il prezzo attuale (131,90 $) supera di oltre il 25% i valori di un anno fa ed è decisamente più alto di quanto gli analisti avessero previsto nei mesi scorsi, proprio sull'attesa di un forte aumento dell'offerta. La chiave è come al solito in Cina: è il Paese asiatico, che consuma due terzi del minerale di ferro prodotto nel mondo, ad aver stupito tutti con la forza – davvero sorprendente, considerata tutta la retorica sul rallentamento della crescita economica – della sua industria siderurgica.
Da mesi Pechino sta sfornando acciaio a un ritmo che fa stimare una produzione annualizzata di 780 se non addirittura 800 milioni di tonnellate: rispetto all'anno scorso (quando aveva prodotto 687 milioni di tonn, il 2,9% in più rispetto al 2011) si tratterebbe di un incremento superiore al 10 per cento. Non c'è stata tregua neppure nei mesi estivi, contrariamente al passato, quando il rallentamento dell'edilizia faceva tirare il fiato anche alle acciaierie. La domanda locale evidentemente tiene più di quanto si credesse (anche se le scorte hanno iniziato a crescere) e l'export di prodotti in acciaio corre: in agosto ha raggiunto il record storico di 6,14 milioni di tonnellate e da inizio anno è in rialzo del 17, 4 per cento. Con un quadro del genere non stupisce che i consumi cinesi di minerale di ferro si siano mantenuti forti, molto più forti di quanto si fosse previsto.
L'ipotesi che sul mercato potesse crearsi fin da quest'anno un surplus di offerta sta sfumando e tra gli analisti in questi giorni è una corsa a correggere le previsioni. Nessuno dubita che prima o poi la nuova produzione avrà un impatto sui prezzi, ma per il breve periodo le posizioni sono molto diverse. Se Macquarie è convinta che nel quarto trimestre il prezzo salirà ancora, fino a 150-160 $/tonn, Citgroup all'estremo opposto prevede che ripiegherà a 110 $. Altri scommettono su una relativa stabilità, come Morgan Stanley e Deutsche Bank, che stimano entrambe 125 $.
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