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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2013 alle ore 14:08.

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Credito su pegno: un canale antico che decolla in tempi difficili

Sono circa 40 le banche che in Italia offrono denaro in prestito a fronte di un pegno: un mercato trasparente che non ha nulla a che vedere con i "compro oro".

Il Monte di Pietà non evoca di certo pensieri allegri. Ma per chi ha difficoltà di accesso al sistema del credito bancario o parabancario, il credito su pegno continua ad essere un prezioso canale di finanziamento in tempi di crisi. Ma attenzione: il credito su pegno non ha nulla a che vedere con il mercato dei cosiddetti "compro oro", un mercato opaco, che si regge sullo stato di necessità e dove non è normalmente possibile riscattare un bene dopo averlo consegnato. In Italia, le banche che praticano tale forma di credito sono circa 40 e sono, come tutte, soggette al controllo della Banca d'Italia. La maggior parte di questi istituti accetta in pegno solo oggetti preziosi (gioielli d'oro, platino e argento, pietre preziose, perle, coralli, monete d'oro), ossia beni che mantengono un valore costante nel tempo.

Quello del credito su pegno è uno strumento finanziario non molto conosciuto anche se, in realtà, sono molti a ricorrervi perché è un metodo veloce per ottenere denaro con un iter burocratico semplice: è sufficiente, infatti, un documento di identità, il codice fiscale e l'oggetto da impegnare per ricevere i soldi subito, previa una stima del bene che viene effettuata immediatamente allo sportello da un perito estimatore.
I finanziamenti possono durare tre o sei mesi e il tasso di interesse rimane fisso per tutta la durata del credito, inoltre, dal momento che non è richiesta alcuna indagine patrimoniale, possono accedervi anche soggetti che hanno subito dei protesti. Il credito su pegno può essere concesso sia dalle finanziarie iscritte nell'elenco generale ex art. 106 Tub (Testo unico bancario) in via esclusiva o insieme ad altre attività, sia dalle banche (ex art. 48 Tub). Secondo i dati a disposizione di Bankitalia sono sette le società che nel nostro Paese svolgono tale attività in via esclusiva. A Milano sono due i Banchi dei Pegni: quello di Ubi Banca, in viale Certosa 94, mentre l'altro di UniCredit è in via Padova 32.
È lì che alle 11.30 di un mattino di fine luglio il tabellone elettronico segna il numero 76, ciò significa che sono già 76 le operazioni di pegno, rinnovo ed estinzione operate dall'apertura dello sportello. «Ogni giorno sono oltre 100 le persone che arrivano nella nostra agenzia – racconta Claudio Donelli, direttore UniCredit del Monte dei Pegni –. Ma solo circa la metà delle operazioni giornaliere si riferisce a oggetti da impegnare, il resto è prevalentemente formato da rinnovi ed estinzione delle polizze».
Già le polizze. A fronte del credito viene corrisposta una polizza al portatore che permetterà al proprietario di riscattare il bene impegnato al termine del periodo di prestito. «L'interesse attuale per il nostro Banco dei pegni è all'11,5% annuo, mentre i diritti di custodia sono dell'1% al trimestre – osserva Donelli –. Alla scadenza del terzo o del sesto mese si può rinnovare l'operazione pagando gli interessi posticipatamente, mentre i diritti di custodia si pagano in anticipo. Alla scadenza della polizza, poi, il richiedente può estinguerla o lasciare che il bene vada in asta». Una settimana al mese infatti, in questa sede di UniCredit, viene organizzata un'asta a cui tutti possono partecipare sia tramite offerta segreta sia presenziando personalmente il giorno dell'incanto.
«È possibile prendere visione degli oggetti nei giorni immediatamente precedenti e il ricavato della vendita, una volta che la banca ha coperto il suo credito, rimane a disposizione del cliente». Nella sala aste, però, sono poche le persone presenti. «Il lunedì e il martedì della settimana dell'incanto le casseforti sono aperte e le persone possono valutare gli oggetti per poi fare offerte telefoniche. Infatti - conclude Donelli - oltre il 90% delle aggiudicazioni vengono fatte su offerta segreta.»
A differenza di quanto la crisi possa far supporre, solo il 5% degli oggetti impegnati, assicurano agli sportelli, finisce per andare in asta. «Inoltre il cliente – fanno sapere da Ubi banca – è libero di riscattare anticipatamente, cioè prima della scadenza prevista di sei mesi, il pegno. In questo caso dovrà corrispondere alla Banca la somma ricevuta in prestito maggiorata degli interessi dovuti per il periodo e di una penale pari all'1 per cento».

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