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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2013 alle ore 08:43.
L'ultima modifica è del 13 ottobre 2013 alle ore 16:00.

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ROMA
Finmeccanica porta a casa la cessione di Ansaldo Energia. E il finale di questa lunghissima telenovela, come anticipato dal Sole 24 Ore, vede entrare in scena il Fondo strategico italiano, braccio operativo della Cdp. L'operazione, benedetta dal governo Letta nel vertice di Palazzo Chigi di qualche giorno fa, si chiude così con il passaggio dell'84,55% dell'azienda genovese che fabbrica turbine a Fsi che rileva per intero il pacchetto in mano agli americani di First Reserve (45%) e il restante 39,5% dal gruppo guidato da Alessandro Pansa (era al 55%). A quest'ultimo resterà comunque un presidio nell'ormai ex controllata: il 15% che il Fondo si impegna a rilevare tra il 30 giugno e il 31 dicembre del 2017. Mettendo sul piatto 116,5 milioni, cui si aggiungono i 657 milioni che Fsi verserà per la quota di maggioranza. Con un impegno, poi, ad assicurare fino a 130 milioni se saranno raggiunti «dei risultati economici del business plan di Ansaldo Energia».
I dettagli dell'operazione sono finiti sulle agenzie di stampa prima di essere comunicati ufficialmente dalla società perché resi noti in anticipo dai sindacati. I quali, ieri pomeriggio, sono stati ricevuti dal management per informarli del trasferimento che, di lì a poco, avrebbe incassato il disco verde del cda straordinario. Un confronto che aveva indotto le rappresentanze sindacali a sospendere le quattro ore di sciopero indette per ieri per protestare contro la vendita dell'azienda genovese, al centro nei mesi scorsi dell'interesse di alcuni gruppi stranieri. Già nella mattinata, però, si erano diffuse le voci, rilanciate dal sottosegretario alla Difesa Roberta Pinotti, di un accordo tra Cdp e Finmeccanica. Con quest'ultima costretta, su sollecitazione della Consob - già intervenuta il giorno prima per chiedere la massima chiarezza - a correggere il tiro con poche righe in cui si negava «che gli organi competenti avessero preso decisioni o assunto delibere».
Alla fine a prevalere è la soluzione nazionale come indicata dall'esecutivo che aveva fatto chiaramente intendere di preferire la tutela dell'italianità del controllo lasciando però aperta la strada a partnership industriali con gruppi stranieri. Indicazione recepita ieri. L'intesa tra Finmeccanica e la spa guidata da Giovanni Gorno Tempini prova infatti a tracciare una prospettiva anche per gli altri due tasselli, al centro del piano di cessioni del gruppo (AnsaldoBreda e Sts) e per i quali i sindacati sollecitano chiari percorsi industriali: con un memorandum non vincolante, i due gruppi si impegnano a valutare «opportunità relative a operazioni strategiche nell'ambito del comparto ferroviario anche attraverso il coinvolgimento di importanti operatori internazionali», che sono poi i giapponesi di Hitachi e gli americani di General Electric, in prima linea per acquistare le due aziende.
Il memorandum fissa però anche le tappe future per Ansaldo Energia. In base al suo statuto, il Fondo - assistito da Lazard come consulente finanziario - rimarrà in maggioranza per una fase transitoria. Ecco perché, nell'accordo sottoscritto ieri, si delinea una precisa tabella di marcia per il braccio operativo di Cassa: «a fronte della possibilità di aprire l'azionariato di Ansaldo Energia a operatori industriali si indica Doosan quale interlocutore prioritario con cui Finmeccanica ha intrattenuto approfonditi negoziati strategici e industriali». Come dire: il Fondo scenderà progressivamente nell'azionariato, a favore dei coreani, per riportarsi in minoranza ma conservando la possibilità di incidere sulle scelte strategiche della società. Una indicazione che serve a salvaguardare, anche in futuro, l'italianità del controllo e a rassicurare i sindacati.
Per Piazza Monte Grappa gli effetti dell'operazione saranno un incasso di 273 milioni di euro al closing (previsto entro fine anno) a fronte della cessione della sua quota, cui si aggiungono i proventi derivanti dalla put call esercitabile nel 2017 (116,5 milioni), il deconsolidamento, a chiusura dell'operazione, del debito finanziario della società (che, a fine giugno, era pari a 220 milioni di euro) e i 130 milioni collegati al raggiungimento di determinati obiettivi societari.
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