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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2013 alle ore 06:48.
L'ultima modifica è del 17 ottobre 2013 alle ore 07:00.

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Bnl e Capitalia, Fondiaria e Unipol, Axa e Abn Amro: quanti sono stati i candidati – talvolta veri e propri “fidanzati” - a un'alleanza strategica con il Monte dei Paschi? Nell'ottobre di dodici anni fa, il Csfb preparò uno studio organico sulle opzioni che si prospettavano per la banca senese. L'aveva commissionato Giuseppe Mussari, neo-presidente della Fondazione che controllava ancora il 66% di Rocca Salimbeni. L'allora 39enne avvocato di origini calabresi approdato a sorpresa sulla poltrona più importante di Siena voleva fare un po' di ordine in un dossier che si era riempito a dismisura soprattutto di ritagli-stampa. Prima era venuto il forcing di Siena per la Bnl (di cui era divenuto azionista al 5%), in apparente interdizione dei tentativi di UniCredit di fondersi con Bbva, azionista strategico di Via Veneto fin dalla privatizzazione. Poi Mps si era ritrovato coinvolto negli abboccamenti italiani di Abn Amro: il colosso olandese – già ben inserito nell'emergente AntonVeneta – voleva crescere, proprio quando il Monte stesso, reduce dalle acquisizioni per cassa dell'Agricola Mantovana e della Banca del Salento, si sentiva pronto per un salto di dimensione e di qualità. Ma alla fine Abn si era ritrovata partner di Capitalia: un'alleanza che, certamente, non escludeva a priori un allargamento a Mps, soprattutto quando la Banca d'Italia di Antonio Fazio lavorava ancora per evitare una polarizzazione del sistema al Nord.
In quell'autunno del 2001 Mussari si ritrova comunque a capo di un ente che rimane socio di larga maggioranza assoluta di un gruppo bancario che non riesce a vantare più di un legame azionario incrociato con Unipol. La presa del sistema-Siena sulla “sua” banca resta ferrea ed è sfumato nel frattempo, anche il tentativo di rilevare un pacchetto nella fiorentina Fondiaria dalle Generali, a valle dell'Opa Ina. Proprio la privatizzazione dell'Ina – controllata a lungo da un “nocciolo duro” formato da San Paolo Torino, Cariplo, e Mps – era parsa, negli anni '90, una scia strategica ricca di opportunità per Rocca Salimbeni. Ma la Cariplo si era poi fusa con l'Ambroveneto e il Sanpaolo con l'Imi, mentre il giro di boa dell'euro aveva scatenato il “grande gioco” delle Opa (fallite) UniCredit-Comit e Sanpaolo-Bancaroma: col Monte regolarmente ai margini. Quando Mussari ci riprova, il Csfb gli offre addirittura sei opzioni teoriche di alleanza. E tutte immaginano per il Monte e per il suo ente proprietario un ruolo da protagonista in un nuovo raggruppamento federale. Certo è diversa la prospettiva di un primo set di alternative (SanpaoloImi, Bnl, Capitalia) rispetto alle ipotesi di aggregazione con Cardine, ma soprattutto con realtà più giovani e aggressive: come l'AntonVeneta o la Bipop, le due ex Popolari del Nord che Siena aveva discretamente affiancato nell'appoggio alla “razza padana” nell'assalto vincente a Telecom. Ma anche in questo caso la tradizionale “multi-governance” senese (Comune e Provincia, Fondazione, banca) resiste senza problemi: quando la Bipop già nel 2002 va “in panne”, è a Capitalia che alla fine Bankitalia assegna la banca bresciana, la sua rete al Nord, la sua quota importante nel comparto del risparmio gestito. Idem durante la torrida estate delle Opa, nel 2005: eppure sono in gioco AntonVeneta e Bnl. Sulla seconda è in prima linea Unipol e forse il Monte attende fiducioso: ma invano. Bnl finisce a BnpParibas, dopo che – prima dell'Opa - perfino il Banco Popolare si era avvicinato al dossier. Forse anche per questo nel 2007 matura il blitz su AntonVeneta, fatale per il Monte.
La Banca d'Italia di Mario Draghi ha nel frattempo autorizzato le due aggregazioni “3.0” fra Intesa e Sanpaolo e fra UniCredit e Capitalia. Siena reagisce alla maniera di sempre: rifugiandosi in un'acquisizione per cassa e rifiutando caparbiamente operazioni che - ad esempio – avevano portato le Fondazioni di Verona e Torino a essere azioniste stabili di UniCredit. Non vale neppure il “feeling” inizialmente creatosi – nell'ambito della presidenza Acri - fra Mussari e il leader Giuseppe Guzzetti. Per alcuni anni il numero uno della Fondazione Cariplo cita spesso e volentieri il Monte. Ma Siena tira sempre diritto per la propria strada, fino al baratro del 2013. E fino alla smentita – d'obbligo – da parte del presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros Pietro, pochi giorni fa: «infondati» i rumor – peraltro molto insistenti - di intervento a Siena. Per evitare in extremis una nazionalizzazione sgradita a tutti: anche alla Vigilanza, apparentemente riallineata alla tradizione europea secondo cui le crisi bancarie le risolve anzitutto il sistema bancario, non il mercato.
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