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Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2013 alle ore 06:50.

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Sotto pressione crescente dopo i casi Mps e Carige - banche in fortissima difficoltà dopo una lunga egemonia delle rispettive Fondazioni - dalla galassia Acri giungono segnali di apertura al confronto. «Non avrei nessuna difficoltà a sedermi attorno a un tavolo», ha detto ieri sera, Sergio Chiamparino, presidente della Compagnia San Paolo e vice di Giuseppe Guzzetti in Acri. Una disponibilità che guarda direttamente al Tesoro - vigilante delle 88 Fondazioni bancarie italiane - oggi retto da Fabrizio Saccomani. Proprio quest'ultimo, in veste di direttore generale della Banca d'Itala, poco più di un anno fa era intervenuto al congresso del centenario Acri a Palermo. E aveva guardato con interesse alla nuova «Carta» con cui Guzzetti delineava un'autoriforma della categoria su tre versanti: gestione del patrimonio, autonomia della governance ed erogazione istituzionale, senza dimenticare gli orizzonti della partnership confermata con il Tesoro in Cassa depositi e prestiti (dal social housing ai fondi strategici).
Quel confronto è iniziato subito con il governo Monti e sta proseguendo ora. E le ipotesi avanzate di lavoro fra Saccomanni e Guzzetti sono il disegno di un portafoglio "tripartito", che limiti a un terzo anche l'impegno del patrimonio di un ente nella banca conferitaria; e un richiamo rinnovato alla legge Ciampi per far evolvere mediante la «Carta» i singoli statuti in chiave di maggior distanza delle Fondazioni rispetto agli enti politici designanti e rispetto alla candidabilità politica degli ex amministratori.
«La strada migliore per evitare conflitti di interesse tra politica e finanza nelle fondazioni bancarie è un limite molto rigoroso ai mandati dei presidenti» è stata la proposta secca avanzata da Chiamparino, concludendo il quarto workshop internazionale sulle fondazioni promosso dalla Cattolica di Milano e dall'Università di Torino. «Non mi scandalizzerei che per le fondazioni bancarie il mandato del presidente fosse limitato ad uno solo, anche se non di tre anni». Ancora, il presidente della Compagnia (prima azionista di Intesa Sanpaolo) si è detto favorevole «a discutere i misure che introducano limitazioni nella concentrazione della quota di partecipazione nell'azienda conferitaria». Una tale exit «presuppone tuttavia che ci sia chi compra e a un certo prezzo; e dato che si tratta di banche devono emergere azionisti stabili e non con finalità speculative». In ogni caso: «Non sono le fondazioni il tramite tra banca e politica e lo dico in base alla mia esperienza di ex sindaco e parlamentare. In operazioni di sistema come quella di Intesa Sanpaolo su Alitalia, ad esempio, la Compagnia di Sanpaolo non ha avuto nessuna influenza». E a proposito del fresca decisione dei vertici Intesa di studiare il superamento della governance duale, «non ci sono né scadenze né decisioni definite, la road map sarà definita dal consiglio di sorveglianza».

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