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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2013 alle ore 06:46.
L'ultima modifica è del 23 ottobre 2013 alle ore 07:00.

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La produzione di petrolio dell'Opec è scesa al minimo da due anni. È la stessa Organizzazione degli esportatori di greggio ad evidenziarlo, proprio mentre i mercati reagiscono con ansia alle nuove tensioni in Libia.
Il rapimento del premier libico Ali Zaidan (si veda a pagina 13) ha riacceso l'allarme geopolitico, che sembrava essere stato accantonato con la graduale ripresa della produzione petrolifera di Tripoli e i segnali, sia pure deboli, di distensione con Iran e Siria. Il Brent, riferimento europeo e dunque più esposto ai rischi nell'area del Mediterraneo, ieri si è apprezzato del 2,5% chiudendo a 111,80 dollari al barile.
Le ultime notizie dalla Libia, osserva Theodore Karasik, direttore della ricerca dell'Institute for Near East and Gulf Military Analysis a Dubai, «evidenziano la criminalità e la mancaza di sicurezza a Tripoli persino per i più alti funzionari. Tutto ciò porterà maggiore incertezza alle società e ai Governi che operano nel Paese».
Nei giorni scorsi il Governo libico aveva rassicurato su una graduale ripresa della produzione di greggio, tornata a 700mila barili al giorno dopo essere scesa quest'estate fino a 150mila, il minimo dalla guerra civile del 2011, per effetto di scioperi e disordini. La piena capacità – di circa 1,5 milioni di barili al giorno – resta tuttavia molto lontana. Intanto, anche in altri Paesi dell'Opec ci sono gravi difficoltà produttive che l'Arabia Saudita, pur estraendo da tre mesi oltre 10 mbg, fatica ormai a compesare.
Dall'ultimo bollettino mensile risulta che il gruppo ha estratto complessivamente 30,04 mbg in agosto, ben 390mila barili in meno rispetto al mese precedente. Il livello è il più basso da ottobre 2011 ed è in linea con il tetto di produzione che il Cartello si è autoimposto, ma è comunque troppo alto rispetto alle necessità del mercato: la stessa Opec prevede che nel 2014, con la continua crescita della produzione Usa, ci sarà una richiesta del suo greggio di appena 29,56 mbg.
Il principale responsabile del calo della produzione Opec tra agosto e settembre in realtà non è la Libia, ma l'Iraq, Paese che quest'anno sta fortemente deludendo le aspettative di sviluppo. In agosto Baghdad ha avuto problemi con le infrastrutture per l'export e lavori di manutenzione nei giacimenti, per cui l'output è sceso da 3,18 a 2,81 mbg. L'Organizzazione sconta comunque da mesi una lunga serie di problemi, che non riguardano solo Libia e Iraq: la produzione iraniana è collassata sotto il peso delle sanzioni internazionali; l'industria petrolifera nigeriana è afflitta non solo da furti e attentati, ma anche dalla difficoltà di trovare nuovi mercati dopo il crollo dell'export verso gli Usa; l'Algeria, pur non avendo ancora accusato un calo della produzione di greggio, ha gravi problemi di sicurezza, come ha evidenziato l'attacco dello scorso gennaio contro il giacimento di gas In Amenas.
Dopo la Primavara araba, molte compagnie petrolifere hanno abbandonato il Nord Africa, giudicato troppo rischioso e costoso in relazione alle opportunità di sviluppo che si prospettano: Reuters calcola che solo negli ultimi 18 mesi almeno 7 società, di cui 4 americane, abbiano rinunciato a progetti nell'area.
Una ricerca di Wood Mackenzie, intanto, evidenzia il declino delle attività esplorative in Medio Oriente. Nel 2012 sono state assegnate circa 15 licenze (e altre 20 sono state restituite), contro un picco di 50 raggiunto nel 2009, anno record anche per i successi nelle trivellazioni: erano state trovate riserve di 170 milioni di barili equivalenti petrolio per ogni pozzo. L'anno scorso la media è crollata a 20 milioni.
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