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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2013 alle ore 18:39.

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L'oggetto sociale di Buzzi Unicem? È presto detto: dalla produzione di cemento, nelle sue varie tipologie, fino al calcestruzzo. Senza scordare, poi, i leganti idraulici speciali per malte e affini. Un'attività legata alle costruzioni. Le quali, a loro volta, sono sensibili alle «bizze» del Pil. Tanto che la diversificazione geografica del business è essenziale: la crisi in un Paese può essere controbilanciata dalla crescita in un altro. Ebbene, il giro d'affari del gruppo di Casale Monferrato, al giugno scorso, era così articolato: l'Italia pesava sulle vendite nette per il 16%; l'Europa Centrale (dalla Germania ai Paesi Bassi) per il 27%; l'incidenza di quella dell'Est (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ucraina e Russia) era invece del 21%; il Messico valeva il 9% e gli Stati Uniti il 27%. Insomma, l'internazionalizzazione di Buzzi Unicem è nei numeri. Ciò detto, nel primo semestre del 2013 sia i ricavi netti sia la redditività sono calati (vedere domanda a fianco). Utile, quindi, analizzare alcune dinamiche dei mercati per comprendere l'andamento passato e le prospettive future. In primis? Può partirsi dall'Italia.

Il mercato domestico
Il Belpaese, si sa, è in recessione. L'Associazione nazionale dei costruttori edili, per l'intero 2103, prevede una flessione degli investimenti del 5,6% in termini reali. La situazione preoccupa il risparmiatore: la crisi del mercato domestico impatta sull'attività della cementeria piemontese. Quali allora le strategie per affrontare la situazione? Un focus della società è ridurre i costi e ri-organizzare i processi produttivi. Il target va declinato nei due settori del cemento e del calcestruzzo. Ebbene, sul primo fronte l'azienda articola i suoi interventi. In primis, c'è la razionalizzazione della produzione: in alcune cementerie, ad esempio, viene chiuso il forno e lasciata in funzione la macinazione; oppure, rimane solo il deposito. Poi, si spinge con maggiore forza sull'export dei materiali. Infine, viene venduto il klinker alla concorrenza. Ciò detto, la volontà è anche quella di ridurre la capacità produttiva. Per fine 2013, l'obiettivo è arrivare a circa 1,7 milioni di tonnellate annue in meno rispetto all'esercizio precedente. Di queste, una parte (intorno a 1,3 tonnellate) è già stata eliminata. L'ulteriore calo, seppure nessuna decisione è ancora presa, dovrebbe arrivare con lo stop ad un impianto nel Nord Est. E non solo. Nella zona di Napoli,infatti, Buzzi Unicem ipotizza un'altra chiusura, che vale altre circa 300mila tonnellate annue. Qui, però, la mossa sarà realizzata nel 2014. Se questa la road map nel cemento quale quella nel calcestruzzo? Il gruppo, da un lato, ha in ipotesi la cessazione, entro la fine dell'anno, di circa 10 centrali di betonaggio. E, dall'altro, è focalizzato sulla gestione dei crediti. L'azienda, nella prima metà del semestre, ha svalutato 12 milioni in crediti commerciali. Un'attività che, in larga parte, è da attribuirsi proprio al mondo del calcestruzzo italiano. Qui, a fronte della frammentazione degli operatori , il «credit crunch» incide di più. Il rischio d'insolvenza dei clienti, giocoforza, è maggiore. Così, Buzzi Unicem ha indirizzato l'attenzione sul problema. È stata creata, in ogni centrale di betonaggio, una figura commerciale adibita, anche e soprattutto, alla gestione dei crediti. Tanto che nella seconda metà del 2013 le nuove svalutazioni rallenteranno. La società pensa che il loro dimezzamento, circa 6 milioni, sia un obiettivo sensato. Fin qui le indicazioni, in linea di massima, degli interventi per il mercato domestico: quale, però, il suo sviluppo a fine 2013? L'azienda conferma che il break even a livello di Ebitda non sarà raggiunto. Il risultato, però, è conseguenza di due diversi andamenti: il business del cemento, anche grazie alla cessione di quote di CO2, dovrebbe sostanzialmente centrare il pareggio (sempre sul Mol); quello del calcestruzzo invece rimarrà in rosso.

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