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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2013 alle ore 06:47.

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La tensione sul mercato dello zucchero si è un po' attenuata, dopo il rally scatenato venerdì scorso dall'incendio nei magazzini del porto brasiliano di Santos (si veda Il Sole 24 Ore del 19 ottobre). L'incidente in effetti ha avuto conseguenze serie: i sei capannoni della Copersucar – il secondo esportatore mondiale del dolcificante, superata solo da Cargill – sono stati tutti distrutti, ad eccezione di uno, che è comunque riportato danni importanti. Inoltre, sono andate in fumo 180mila tonnellate di merce.
A fronte della situazione, non ha dunque destato sorpresa la notizia – diffusasi ieri – secondo cui la cooperativa brasiliana avrebbe invocato la clausola di forza maggiore sulle spedizioni da effettuare per conto terzi: gli investitori se l'aspettavano e le quotazioni dello zucchero grezzo, che nella seduta di venerdì si erano spinte ai massimi da un anno all'Ice (20,16 cents per libbra), hanno continuato a raffreddarsi chiudendo a 19,28 cents.
Del resto le scorte andate distrutte a Santos ammontano ad appena lo 0,5% della produzione annuale di zucchero del Brasile e a non più del 10% del suo export mensile. Inoltre, il ceo di Copersucar Paulo Roberto de Souza ha assicurato che le fiamme hanno risparmiato le attrezzature per il carico delle navi. Ricostruire i magazzini, affermano gli esperti, è meno impegnativo, anche se le dimensioni del terminal – che aveva appena raddoppiato la capacità a 10 milioni di tonnellate – sono così grandi che difficilmente i lavori saranno conclusi entro maggio 2014, quando la stagione brasiliana dello zucchero (che ora volge al termine) entrerà di nuovo nel vivo.
Le conseguenze dell'incendio rischiano dunque di essere solo rinviate. «Se all'inizio del prossimo raccolto il terminal non sarà tornato in funzione – avverte Robin Shaw di Marex Spectron – esportare zucchero dal Brasile sarà certamente più difficile, più lento e più costoso. La situazione potrebbe persino spingere ad accrescere la produzione di etanolo a scapito del dolcificante».
In teoria, le difficoltà del Paese sudamericano potrebbero avere un impatto a livello globale: il Brasile è di gran lunga il primo produttore di zucchero, con circa 40 milioni di tonnellate l'anno – più di Cina e India insieme, che rispettivamente sono il secondo e il terzo – e nel 2012 ne ha esportate 24 milioni di tonnellate, di cui 7 attraverso il terminal di Copersucar nel porto di Santos. Nel complesso, tuttavia, il mercato resta molto ben rifornito e si prevede che nel 2013-14 ci sarà per la quarta stagione consecutiva un ampio surplus di offerta, anche se gli analisti hanno opinioni discordi sulla sua entità: il broker Czarnikow, tra i più pessimisti, lo stima intorno a 2 milioni di tonnellate, mentre per l'International Sugar Organization (Iso) sarà di 4,4 milioni, dopo i ben 10,3 milioni del 2012-13 e i 6,1 milioni dell'anno precedente.
Qualche preoccupazione di ordine meteorologico aveva già rilanciato le quotazioni dello zucchero, dopo il minimo triennale di 15,93 cents toccato in luglio. Ma l'incendio a Santos per ora ha solo azzerato i ribassi di prezzo del 2013.
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