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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2013 alle ore 19:26.
L'ultima modifica è del 28 ottobre 2013 alle ore 22:00.

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Angelo Bagnasco (Ansa)Angelo Bagnasco (Ansa)

«Carige è un'istituzione fondamentale, importante, genovese e quindi tutti vogliamo che mantenga questa connotazione, questa origine e questa finalità, che, senza rinchiudersi ovviamente nella città, nella regionalità, rimanga ben ancorata al territorio non soltanto come sedi, come occupazione, ma come missione, sia come un motore, uno dei motori per lo sviluppo della città e della regione».

Nel mezzo della tempesta che avvolge la banca (e la sua fondazione), anche l'arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, si muove a difesa della banca di riferimento del territorio ligure. D'altro canto, la Chiesa locale, tra gli enti che hanno diritto di nominare i propri rappresentanti nella Fondazione Carige (che a sua volta possiede oltre il 40% della banca) è uno degli stakeholder più rilevanti del gruppo guidato da poche settimane da Cesare Castelbarco.

La presa di posizione di Bagnasco arriva in un passaggio molto delicato, alla vigilia di un cda - convocato per domani - che designerà Piero Montani come nuovo amministratore delegato (un motivo che ha spinto il titolo Carige a guadagnare il 2,6% oggi a Piazza affari). Superato questo ostacolo, se ne presenterà subito un altro: ripartire con il piano di rafforzamento da 800 milioni chiesto dalla Banca d'Italia, in parte coperto con la cessione di asset ma in parte da affrontare con un probabile aumento di capitale. È qui che potrebbe manifestarsi l'arrivo di qualche nuovo socio, e così si spiega la presa di posizione del cardinal Bagnasco.

Oggi, intanto, per Carige e le altre banche medie italiane è arrivata un'altra bacchettata da Moody's. Secondo l'agenzia di rating l'esame che la Bce avvierà a novembre sullo stato di salute delle 130 banche e che durerà 12 mesi avrà un impatto negativo per gli istituti italiani con indici di capitale deboli; in particolare, il parametro minimo che vede il common equity Tier1 fissato all'8% «è negativo per il credito delle obbligazioni junior delle banche italiane vicine o al di sotto di questa soglia, o con una bassa qualità degli asset».

«Sarà difficile per queste banche», spiegano gli esperti, «far fronte alla necessità di capitale con risorse private, fattore che aumenta le probabilità di un intervento pubblico e in definitiva di un bail-in», ovvero del contributo da parte degli obbligazionisti, anche perché non esiste alcuna evidenza di una misura per bloccare eventuali deficit di capitale.

Nello studio l'agenzia cita Banca Carige (rating B2 sotto revisione per downgrade), Bpm (B1 negative, E+/b2 stable) e Credito Valtellinese (Ba3 negative, E+/b1 stable) visto il basso livello di capitale; Mps (B3, negativo) e Banco Popolare (Ba3, negativo) per la debolezza della qualità degli asset. Moody's specifica che Banca Carige, Banco Popolare e Mps prevedono di raccogliere capitali sul mercato e attraverso la cessione di attività. (M. Fer.)

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