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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2013 alle ore 10:47.
L'ultima modifica è del 12 dicembre 2013 alle ore 17:17.

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PECHINO - I debiti made in China fanno bene alla Borsa di Hong Kong. Lo «spazzino» dei bad loans cinesi, Cinda, uno dei quattro fondi creati nel 1999 per acquistare crediti bancari inesigibili, punta a raccogliere 2,5 miliardi di dollari dalla quotazione fissata, come da prospetto, il prossimo 12 dicembre.
Ce la farà, alla grande, a centrare l'obiettivo dell'Ipo, visto che le prenotazioni sono andate così bene che Cinda è stata costretta a chiudere un giorno prima per eccesso di offerta.
Brinda il trio Xu Zhichao, Hou jianhang, Zang Jingfan ai vertici della società di asset management, le offerte nella fascia più alta di prezzo hanno fatto il botto: la quotazione di Cinda da un anno a questa parte è la più grande Initial public offering sulla piazza di Hong Kong dallo sbarco di People's Insurance Company Group con 3,6 miliardi di dollari a novembre del 2012.

Del resto la Borsa di Hong Kong è in netta ripresa: quest'anno il giro d'affari delle Ipo è stato di 12,8 miliardi di dollari, contro gli 8 di tutto l'anno scorso. L'indice H-share, il principale indicatore di Hong Kong, è cresciuto dell'8,5% negli ultimi sei mesi e Goldman Sachs stima che potrebbe raggiungere il 18 entro la fine dell'anno prossimo.

Gli indicatori economici cinesi, tra cui la crescita dell'indice Pmi delle aziende manifatturiere per il mese di novembre hanno stimolato l'ottimismo sulla ripresa dell'economia cinese.

Cinda, vista da Pechino, ma soprattutto dalle Borse di Shanghai e Shenzhen, è dunque fonte di invidia. Mainland China lotta per riavere le sue Ipo, bloccate da un anno. Il conto alla rovescia per la riapertura delle nuove quotazioni è iniziato da quando la Csrc, la Sec cinese, ha riaperto la possibilità a ben 83 società pronte allo sbarco entro fine gennaio.
Ma chi c'è dietro le richieste di Cinda? Soprattutto, lo zoccolo duro è costituito da una decina di investitori tra cui il fondo sovrano norvegese e OchZiff Capital managment group LLC: insieme avrebbero preacquistato 1 miliardo di dollari di azioni. Temasek Holdings Farallon Capital management ha messo sul piatto 100 milioni di dollari, Oak Tree 53, Ping An 75. Tutti pezzi da novanta, disposti a investire su una società di asset management peraltro specializzata nel repulisti di partite incagliate.

Perché lo fanno? Ovvio, scommettono sulla crescita dei debiti incagliati e sui servizi che società come Cinda possono svolgere in caso di aumento ulteriore della spazzatura bancaria.

La verità vera è che non ci sono buone prospettive per il risanamento a breve del settore bancario cinese. I debiti delle banche possono solo crescere e i segnali all'orizzonte non sono buoni. Infatti i bad loans delle banche sono aumentati di 3,96 miliardi di dollari a fine settembre, 24,1 miliardi di yuan in più a 563 miliardi.

La crescita più alta, nell'ultimo quadrimestre, da quello del lontano 2005. Ecco perché molte aziende, impossibilitate a trovare finanziamenti nel sistema aspettano con ansia di poter ricorrere alle risorse del mercato. Se, come ha promesso il Governo di Pechino, i listini si riapriranno alle nuove quotazioni, il rischio di molte aziende di finire nel gorgo dei debiti incagliati o, peggio, nei gironi dello shadow banking potrebbe risultate se non azzerato, almeno, ridotto.

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