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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2014 alle ore 16:01.
L'ultima modifica è del 10 gennaio 2014 alle ore 08:26.

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La Banca centrale europea (Bce) ha lasciato il tasso di riferimento dell'area dell'euro al livello invariato dello 0,25%, minimo storico, con una decisione ampiamente attesa da pare degli analisti finanziari.

Nella successiva conferenza stampa, il presidente Mario Draghi ha sottolineato gli accresciuti rischi sulla ripresa e anche quelli sull'inflazione, che resterà debole e ampiamente al di sotto del target del 2% annuo ancora a lungo. Confermando il tasso sui prestiti marginali allo 0,75% e quello sui depositi overnight delle banche presso la Bce a zero, Draghi ha anche sottolineato con maggiore froza rispetto al passato di essere pronto a essere pronto ad agire con ogni mezzo possibile per scongiurare eventuali tensioni sul mercato monetario o sulle prospettive dei prezzi.

Pil in crescita nell'Eurozona, ma la ripresa sarà lenta
L'economia dell'Eurozona dovrebbe aver chiuso anche il quarto trimestre dell'anno scorso con un tasso positivo di crescita, ha detto Draghi rispondendo oggi ai giornalisti, confermando che la ripresa sarà lenta e dovrebbe continuare a questo ritmo nel 2014 e nel 2015. La disoccupazione «resta elevata» e «i necessari aggiustamenti di bilancio continueranno a pesare sull'attività economica», ha poi sottolineato Draghi, aggiungendo che in un simile scenario «devono essere portare avanti le riforme sul mercato del lavoro». Anche per questo, «sarei molto, molto cauto» nel dichiarare vittoria e dire che la crisi è sconfitta.

I titoli di Stato «saranno esenti da rischi»
Il presidente della Bce ha poi affrontato un tema rilevante e molto delicato per le banche italiane: il trattamento dei titoli di Stato detenuti nei portafogli ai fini degli imminenti stress test e della prevista asset quality review. Su questo punto, ha sottolineato Draghi, si è fatta «un po' di confusione», sottolineando poi che i bond sovrani «saranno trattati esattamente come previsto dal Comitato di Basilea, quindi, saranno esenti da rischi». Il presidente della Bce ha comunque tenuto a precisare che il trattamento durante la valutazione degli asset bancari è una cosa, «altra cosa è quale sarà il trattamento nella futura regolamentazione bancaria, ma questo non è il punto ora in discussione». In ogni caso, ha aggiunto infine Draghi, «qualsiasi cambiamento a quanto già deciso dal Comitato di Basilea sul trattamento dei titoli di Stato dovrebbe essere concordato a livello globale». I dettagli su come verrà condotta la prevista «asset quality review» saranno comunque diffusi, come atteso, soltanto a fine mese.

Non siamo come il Giappone, ma pronti a tutto contro la deflazione
È però in relazione alla dinamica dell'inflazione che Draghi ha utilizzato oggi, per sua stessa ammissione, una retorica più «determinata». Pur sottolineando che il calo dell'inflazione a dicembre è stato determinato da cambiamenti nel calcolo dei fattori di destagionalizzazione tedeschi, cioè da un effetto una-tantum, Draghi ha ammesso che le prospettive sui prezzi sono «peggiorate». Il tasso di crescita è infatti destinato a mantenersi sui bassi livelli attuali per almeno due anni: l'Eurozona andrà quindi incontro probabilmente a «un periodo prolungato di bassa inflazione» e l'aggiustamento verso il target dell'Eurotower (un valore vicino, ma inferiore al 2% annuo) sarà graduale nel tempo.

Draghi non vede «una deflazione in stile Giappone anni Novanta soprattutto perché la Bce ha varato azioni decise sin all'inizio e poi perché le banche dell'Eurozona stanno meglio». Per evitare un ulteriore peggioramento (cioè un indebolimento) delle prospettive sui prezzi o un eventuale inasprimento delle condizioni del mercato monetario, il board è tuttavia pronto all'azione utilizzando «tutti gli strumenti a propria disposizione».


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