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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2014 alle ore 11:44.
L'ultima modifica è del 14 gennaio 2014 alle ore 11:48.

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Circa 53mila risparmiatori attendono l'esito del lodo arbitrale sui Tango bond, una procedura avviata sette anni fa il cui esito è ancora incerto. Su questo spiega meglio Nicola Stock, presidente della Tfa (si legga l'intervista in basso). Ma per questi risparmiatori oltre all'attesa non c'è proprio più nulla da fare? Una recente sentenza della Corte di Cassazione n. 27875/2013 sembra riaprire i giochi e offre nuove possibilità di recupero delle somme investite anche per chi ha aderito a Tfa (Task force Argentina).

Secondo alcuni, la decisione ha evidenziato che esiste l'obbligo di solidarietà passiva tra la società andata in default che ha emesso i titoli e l'intermediario che li ha negoziati. «Questa decisione ha dunque effetti pratici – spiega l'avvocato David Giuseppe Apolloni, esperto del caso - anche a favore di decine di migliaia di risparmiatori che hanno aderito a Tfa e poi all'Icsid senza inviare le lettere alle banche, atti interruttivi della prescrizione nei confronti delle banche. In tutti i giudizi di merito in cui è stata sollevata l'eccezione in parola – aggiunge Apolloni – abbiamo sempre fatto presente che tra le banche e l'Argentina esisteva un'obbligazione solidale, così come stabilito ora dalla Corte di Cassazione, e che l'adesione a Tfa aveva interrotto i termini di prescrizione anche nei confronti dell'intermediario. Questo concretamente significa che l'adesione a Tfa, che secondo le parole del suo presidente ha interrotto i termini di prescrizione nei confronti dell'Argentina, e l'adesione all'arbitrato, che certamente interrompe i termini nei confronti dello stato argentino, sono atti interruttivi della prescrizione anche nei confronti dell'obbligato in solido, istituto di credito».

Dunque, secondo questa tesi, i risparmiatori che hanno aderito alla Tfa ma che non hanno inviato atti interruttivi della prescrizione alla banca potranno ugualmente, qualora ve ne siano i presupposti, promuovere una causa contro la banca che ha venduto i titoli, in violazione delle norme e dei regolamenti che regolano la materia.

Il rimborso dei Tango parte dalla data del default dell'emittente
La Cassazione fa chiarezza anche su un altro aspetto che riguarda le cause promosse dai malcapitati sottoscrittori di Tango bond, relativamente ai termini di prescrizione del reato di truffa aggravata nella vendita di strumenti finanziari. Con la sentenza n. 4946/2013 della seconda sezione penale la Cassazione puntualizza il principio per cui il delitto, nel caso di vendita di obbligazioni, si deve considerare consumato non al momento della firma del contratto con il risparmiatore ma quando si verifica il default dell'emittente. È in questo momento, infatti, che il risparmiatore perde definitivamente il bene acquistato.
La Cassazione osserva che la vendita di bond, cioè quella di obbligazioni emesse da Stati sovrani o società di capitali, si differenzia dagli swaps che costituiscono contratti atipici, a termine, consensuali, onerosi e aleatori che possono anche avere per oggetto titoli obbligazionari secondo una casistica assai varia, ognuna delle quali con uno specifico obiettivo. Applicando questo principio al caso approdato all'esame della Cassazione, quello di un "incauto" acquisto di tango bond, la conseguenza è che il momento in cui risparmiatori persero il valore dei beni acquistati, e cioè il momento in cui i bond non sarebbero più stati rimborsati, si è verificato quando è stato dichiarato il default. Al momento della proclamazione del fallimento dello Stato sovrano, l'Argentina in questa situazione, infatti, il debitore dichiara di non essere più in grado di assolvere le proprie obbligazioni, compreso il rimborso delle obbligazioni emesse.

In quel momento il danno è certo sia per le obbligazioni già scadute sia per quelle che devono ancora scadere «anche se rimane incerto il quantum che è, ovviamente, quantificato solo in un momento successivo e cioè quando si appura se e in che misura il debito derivante dalle obbligazioni non pagate può essere pagato». Per questo la Cassazione conferma il verdetto della corte di appello di Venezia che ha ancorato il dies a quo del momento di consumazione del reato alla default e, per quanto riguarda i bond argentini, al dicembre 2001 e, quanto al bond Cirio (che rappresentava un altro elemento del procedimento), alla data di fallimento, cioè il 3 novembre 2002.

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