I fondi pensione di categoria o negoziali chiudono il 2013 con rendimenti medi di tutto rispetto, vicini a un +5,85% rispetto a fine 2012, ossia oltre tre volte la rivalutazione del trattamento di fine rapporto (Tfr) e oltre quattro volte quello dell'inflazione. Meglio ancora è andata ai fondi pensione aperti, in ragione della loro maggiore esposizione al mercato azionario (particolarmente positivo lo scorso anno), che secondo i primi dati ha chiuso il 2013 con un rialzo medio vicino all'11%.

I dati quasi completi (mancano solo quelli di tre fondi fermi a novembre) confermano dunque un trend che positivo per i negoziali sin dal 2009, mentre nel 2011 la performance era stata piatta allo 0,1%, anno in cui gli aperti erano scesi del 2,4%. Percentuali che confermano la capacità del sistema della previdenza complementare di rivalutare i contri buti dei lavoratori, utilizzando a questo scopo i mercati finanziaria e la capacità dei gestori di investirvi.

Proprio in questi giorni sta compiendo gli ultimi passi il decreto di riforma del provvedimento che nel 1996 definiva criteri e limiti di investimento dei fondi pensione, che escludeva la possibilità di investire nei paesi emergenti, in fondi hedge e in meterie prime. L'allargamento di questi criteri potrebbe fornire ai fondi pensione, tradizionalmente molto prudenti, una maggior agilità di movimento sui fondi pensione.

La crescita del 5,85% rappresenta il dato medio delle performance dei fondi pensione del 2013: tocca a ciascun aderente valutare l'andamento del proprio comparto di investimento e della propria posizione previdenziale, al momento della comunicazione che le strutture previdenziali inviano ogni anno in primavera agli iscritti, come rendiconto dell'anno precedente.

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