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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2014 alle ore 10:09.

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Wall Street è più instabile. In particolare, a causa dei flash crash multipli. A ben vedere, l'affermazione potrebbe sembrare stonata. Diversi studi, infatti, hanno mostrato il recente calo del numero nei balzi «supersonici» all'insù (o all'ingiù) dei singoli titoli. E tuttavia, questa è la realtà che salta fuori da un lungo studio realizzato da Quant Lab. Cioè, la joint venture di ricerca tra la Scuola Normale Superiore di Pisa e List (società attiva nelle soluzioni per mercati elettronici).

I numeri della ricerca
Ebbene l'inchiesta, che ha passato ai raggi x dal 2001 al 2012 l'indice Russel 3000, è riuscita a rilevare un dato molto importante. Quale? È presto detto. È ben vero che i singoli balzi sono diminuiti ma, nello stesso tempo, sono aumentati i flash crash multipli. Vale a dire, i micro-terremoti che coinvolgono contemporaneamente più azioni. I numeri sono lì a mostrarlo. In avvio di millennio i «co-jump», con più di 60 titoli, erano stati solo 9. Nel 2011, invece, hanno raggiunto quota 74 per, poi, diminuire un po' nell'anno successivo (42). Al di là di quest'ultimo valore, la dinamica è comunque delineata: c'è stata la crescita del fenomeno che ha portato, dal 2001 al 2012, a ben 329 micro-terremoti. Salti sincroni che, a fronte del fatto che ogni anno sul Russel 3000 sono stati analizzati i 140 titoli più liquidi, coinvolgono una porzione molto ampia dell'operatività di Wall Street.

Le cause dei «terremoti»
Se questi alcuni dei numeri della ricerca (realizzata da M.Treccani, G.Bormetti, L. Calcagnile, F.Corsi, S.Marmi e F.Lillo), quale però nel concreto la «qualità» di questi flash-crash? «Abbiamo considerato un titolo in "salto" - risponde Stefano Marmi, docente di sistemi dinamici alla "Normale" di Pisa - quando la sua volatilità, in un minuto, diventava 4 volte e più di quella media dei precedenti venti minuti». Insomma, un'instabilità veramente improvvisa. La quale, confermata anche sull'arco temporale più breve del minuto, non è ovviamente salutare alla Borsa. Naturale, quindi, chiedersi il perchè della sua presenza. Su questo fronte la ricerca di Quant Lab propone ulteriori analisi. In particolare, i ricercatori hanno monitorato l'eventualità che un classico market mover (dal beige Book della Fed alle vendite al dettaglio) potesse essere la «molla» dei salti.
Ebbene, la lunga analisi dei dati ha dato risposta negativa. Nel 2010, ad esempio, su 50 micro-terremoti solamente 11 possono associarsi alla notizia price sensitive. Nell'anno successivo, poi, solo 8 su 74 «co-jump» sono stati causati dalla variabile esogena del flusso di notizie. «È chiaro - spiega Fabrizio Lillo, professore di finanza quantistica alla "Normale" di Pisa - che i market mover non spiegano il fenomeno». Evidentemente c'è un un'altra causa, strutturata al funzionamento stesso dei listini elettronici, alla base di questi flash-crash. Già, ma quale? «Un'ipotesi, che nella nostra ricerca non abbiamo però analizzato con i numeri, fa riferimento ai trader algoritmici ad alta velocità. I robot automatici, che ad esempio investono con la strategia dell'arbritraggio statistico, possono essere un motivo dei salti sincroni».

I meccanismi di controllo del rischio, tipici di questi investitori, già in passato hanno causato effetti a cascata. Il singolo flash trader, infatti, può ad esempio essere obbligato a ridurre la propria esposizione su di un asset, vendendolo. Questo evento spinge all'ingiù le quotazioni del titolo, su cui magari è investito temporaneamente un altro algo-operatore. Il quale, in un micro-secondo, decide anch'esso di uscire dalla posizione. Si crea così, alla velocità della «luce», un circolo-vizioso al ribasso. Il quale, a fronte delle migliaia di correlazioni tra gli asset sfruttate dai robot investitori, espande il «contagio». Può saltare fuori, insomma, il micro-terremoto.

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