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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2014 alle ore 17:23.

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Un sistema polverizzato fatto di piccole e medie imprese che ha pagato, per via degli storici limiti strutturali, un alto tributo alla crisi. Serve, quindi, un cambio di passo, un salto dimensionale rispetto al quale le pmi italiane si sono mostrate spesso guarnite. Con il risultato che alcuni strumenti, come le reti d'impresa, lanciate nel 2009, non hanno impresso la svolta sperata. «Da un lato, ci sono le aziende che stanno facendo bene e hanno ampi spazi di utilizzo del credito - spiega il direttore generale di UniCredit, Roberto Nicastro, nel corso della presentazione del rapporto su "Filiere Produttive e nuova globalizzazione" - , che vedono una ragionevole crescita del fatturato e un ritorno di desiderio degli investitori. E poi, dall'altro, c'è un gruppo di imprese con una leva finanziaria meno positiva e le scelte che le banche devono compiere non coincidono con il desiderio delle imprese di avere sempre a disposizione una leva finanziaria».

Ora, spiega il dg di UniCredit, per rendere disponibile nuovo credito, «è necessario implementare con i regolamenti attuativi le misure già previste dalla legge di stabilità che agiscono su tre versanti: rifinanziamento del fondo centrale di garanzia, mutui e sezione specifica,nell'ambito del Fondo Pmi (già operativo),per i grandi progetti di innovazione. Sarebbe importante - insiste Nicastro - che ci fosse l'implementazione di questi regolamenti». Insomma, servono interventi ad hoc per ridare ossigeno alle imprese che, sottolinea il rapporto, curato da Zeno Rotondi, head of Italy Research della banca, hanno una maggiore propensione all'internazionalizzazione, fanno maggiori investimenti diretti all'estero e destinano più risorse a ricerca e innovazione quando cooperano tra loro.

Certo, sottolineano gli autori della ricerca, la via da battere per affrontare la sfida globale è quella delle alleanze e delle fusioni tra le aziende, ma i contratti di rete possono rappresentare un'utile alternativa alla crescita dimensionale, sebbene non siano stati concepitiper quell'obiettivo. «Le reti - evidenzia Aldo Bonomi, vicepresidente Confindustria per reti, filiere e aggregazioni e presidente RetImpresa - sono un primo passaggio affinché aziende si confrontino. Le aziende devono crescere, è l'unica possibilità e possono farlo attraverso le filiere o le reti». Tuttavia, per poter agganciare la ripresa, osserva Luigi Cannari, capo del servizio Statistiche di Bankitalia, «è necessario risolvere i problemi strutturali che abbiamo. Serve avere un quadro d'insieme perché le singole misure non generano la fiducia che occorre per ripartire».

Da dove, quindi, è necessario cominciare per rilanciare l'economia? Itzhak Yoram Gutgeld, membro della VI commissione Finanze della Camera e uno dei più ascoltati consiglieri in campo economico del premier Matteo Renzi, snocciola qualche priorità. «Il credito d'imposta per ricerca e sviluppo è stato, tra tutti gli strumenti messi a disposizione delle imprese, uno deipochi che ha funzionato, ma i 100 milioni di euro di risorse l'anno previsti dal "Destinazione Italia" sono largamente insufficienti. Occorre spostare verso questo tassello i fondi sparsi su altri strumenti». Gutgeld sposta poi l'accento su un altro elemento di debolezza del sistema italiano iper-bancocentrico e suggerisce la necessità di «un ragionamento su un incentivo per le aziende che capitalizzano, per gli imprenditori che portano dei capitali dentro le aziende».

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