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Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2014 alle ore 23:27.

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Mary Barra (Reuters)Mary Barra (Reuters)

NEW YORK - È stato il calvario di Mary Barra. Due giorni di audizioni al Congresso, prima alla Camera e poi al Senato, hanno messo duramente alla prova la leadership del primo chief executive donna della General Motors e delle Big Three di Detroit. Sul palcoscenico parlamentare, sotto gli occhi di tutti, uno scandalo montato con il passare di giorni e settimane, che ha costretto al ritiro dal mercato di 2,6 milioni di vetture con difetti potenzialmente letali. Che ha scosso l'immagine accuratamente coltivata di una nuova Gm, capace di lasciarsi alle spalle una volta per sempre il retaggio della vecchia azienda, quella fallita nel 2009 e perseguitata da problemi di qualità.

Barra, sotto il fuoco di fila di domande, ha ammesso errori del passato, che hanno portato a trascurare difetti nel sistema di accensione del motore con un tragico bilancio di 13 morti in un decennio. Li ha però attribuiti a una gestione ormai superata e ha promesso riforme che garantiscano comunque che non si ripetano. La Gm odierna, ha detto, quella sotto la sua direzione da inizio d'anno, è cambiata.

Ma il Congresso, che ha aperto indagini come hanno fatto le autorità federali di controllo dei trasporti, ha incalzato, scettico sul comportamento dell'azienda di oggi come di ieri. «Se questa è la nuova Gm, la leadership lascia a desiderare», ha detto la senatrice democratica della California, Barbara Boxer. «Non mi pare che abbiamo risposte», ha rincarato il suo collega repubblicano Dean Heller del Nevada. Nel 2014 Gm, per molteplici problemi, ha già ordinato complessivamente il ritiro di ben 7 milioni di vetture, più dei quattro anni precedenti sommati. E la fiducia comincia a scarseggiare a Capitol Hill come a Wall Street: in tre mesi il titolo ha ceduto il 16 per cento.

Barra, dopo aver porto le sue scuse alle famiglie delle vittime, si è trincerata dietro a tanti «non so». Non è in grado al momento di spiegare perchè Gm e i suoi dirigenti abbiano aspettato tanto, dieci anni dalla prima scoperta dei difetti nei modelli Saturn e in seguito Chevrolet, prima di intervenire. Ha definito «inaccettabile» un memorandum interno venuto solo ora alla luce e che respingeva modifiche adducendo eccessivi costi e tempi, poco convenienti al tentativo in corso di Gm di recuperare terreno nelle vetture di piccola cilindrata (quelle afflitte dal difetto, che spegneva in motore con l'auto in velocità bloccando le airbag e il servosterzo e danneggiando i freni). Ha però rimandato risposte vere e dettagliate all'esito di un'inchiesta interna che Gm ha avviato.

Ha anche difeso, l'amministratore delegato, la sua poltrona che scotta. Ha affermato di essere stata messa a conoscenza solo a fine gennaio dello scandalo e di aver allora agito senza indugi, segno della nuova cultura in azienda. Ha assunto Kenneth Feinberg, già responsabile dei risarcimenti per le vittime dell'11 Settembre e del disastro petrolifero della BP, quale consulente per esaminare eventuali richieste di compensi alle vittime. E, in un'intervista al Wall Street Journal, ha annunciato una svolta manageriale: d'ora in avanti problemi di sicurezza e difetti dei veicoli verranno immediatamente e direttamente riportati ai top executive dell'azienda, senza passaggi intermedi o catene di responsabilità tecniche parallele, e loro dovranno senza indugio valutare le iniziative prese o da prendere, quali le dimensioni di un ritiro di veicoli dal mercato. «Abbiamo compiuto grandi progressi nel ridurre la bucrazia alla Gm», ha aggiunto Barra. «La squadra dirigenziale può solo crescere, mai essere ridimensionta». Ancora: «Intendo migliorare l'analisi dei dati sulle vetture».

I ritiri di auto, negli Stati Uniti, non sono rari. Nelle ultime ore la Chrysler di Fiat ha tolto dal mercato 867.795 veicoli, di cui 644.354 negli Stati Uniti. In Italia saranno ritirati circa 5.568 Suv. Chrysler ha spiegato che i richiami riguardano i modelli degli anni 2011 e 2014 di Jeep Grand Cherokee e Dodge Durango e sono stati decisi a causa di problemi ai freni: una componente potrebbe corrodersi facendo entrare acqua e limitando la funzionalità dei freni. Il caso recente più eclatante, tra il 2009 e il 2010, è stato quello di Toyota: aveva dovuto effettuare ampi interventi legati a problemi di accelerazione, che hanno seriamente danneggiato la sua reputazione. Aveva anche pagato 1,1 miliardi in un accordo extragiudiziale con le famiglie delle vittime e una multa da 17 milioni per ritardi nel riportare i ritiri dei veicoli. Secondo alcuni esperti lo scandalo che assedia adesso General Motors è però nettamente più grave. L'azienda ha già annunciato oneri per 750 milioni nel primo trimestre dell'anno per coprire i costi delle riparazioni, oltre il doppio di quanto inizialmente stimato. Potrebbe essere solo un acconto.

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