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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2014 alle ore 07:43.
L'ultima modifica è del 22 aprile 2014 alle ore 15:51.

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Nella trattativa tra Alitalia e Etihad i nodi da sciogliere restano quattro: la riduzione del personale (si parla di 3mila esuberi), la rinegoziazione del debito della compagnia italiana con le banche creditrici (si ipotizza un taglio di 400 milioni), il riassetto regolamentare con la liberalizzazione dello scalo di Linate (con sostanziale disimpegno di Malpensa) e riduzione degli spazi per le compagnie low cost, la garanzia degli attuali azionisti sul contenzioso legale.

Questioni cruciali per proseguire nella strada verso l'intesa con la compagnia di Abu Dhabi. La scorsa settimana la compagnia araba ha, infatti, inviato una dura lettera con la quale puntualizzava l'intenzione di non proseguire le trattative senza precise garanzie a riguardo. Messaggio chiaro e distinto per gli azionisti e per il Governo. E un primo punto sullo stato delle cose si farà oggi alle 15, nella sede dell'aeroporto di Fiumicino, quando si riunirà il consiglio di amministrazione di Alitalia

Sarà infatti l'ad Gabriele Del Torchio a dare aggiornamenti sulla trattativa con Etihad. In particolare, il board dovrebbe esaminare una ulteriore replica di Etihad dopo lo scambio di lettere sulle dure condizioni poste dalla compagnia emiratina.
Ma il condizionale è d'obbligo, perché nonostante gli intensi contatti di queste ore tra gli advisor delle due compagnie, il governo e le banche, la strada appare tutta in salita.
Fonti vicine al dossier, interpellate dall'Adnkronos, fanno notare che, nonostante le comprensibili forzature negoziali, da una parte e dall'altra, le condizioni sono sostanzialmente «prendere o lasciare» e che il percorso prospettato da Etihad «appare sostanzialmente obbligato» per la compagnia italiana. Questo, si spiega, per due ragioni fondamentali: non c'è un piano B Air France, perché la compagnia francese «non ha né l'intenzione né la possibilità» di mettere sul tavolo un'alternativa credibile; a questo punto, Alitalia «non può permettersi di portare avanti a lungo il piano stand alone che la sta sostenendo in questa fase».

Scoglio cruciale gli esuberi

In sostanza, l'offerta di Etihad, seppure a condizioni particolarmente penalizzanti, sarebbe l'unica chance per dare un futuro all'ex compagnia di bandiera italiana. Una constatazione, questa, con cui stanno facendo i conti tutti i soggetti italiani in campo: i vertici di Alitalia, i sindacati, il Governo e le banche creditrici. In questo quadro, lo scoglio principale resta una gestione sostenibile degli esuberi, con un accordo che passi per l'adozione di strumenti straordinari da parte del Governo e un via libera di massima dei sindacati a fronte dell'assicurazione che si possa ridurre al minimo la perdita effettiva di posti di lavoro. In questo senso, il ministro competente, Giuliano Poletti, ha già mostrato una sostanziale apertura rispetto a una soluzione in cui lo Stato possa essere chiamato a fare la sua parte. Il Governo, con il ministro dei trasporti Maurizio Lupi e anche con il premier Matteo Renzi, si sta spendendo nella trattativa, per quanto di propria competenza, per tenere aperto il confronto. E non si tratta solo di un contributo di mediazione. C'è infatti anche l'impegno a sostenere quelle condizioni di contesto che Etihad ritiene indispensabili.

Il debito da ridurre e il ruolo di Unicredit e Banca Intesa

In particolare, il ministero dei trasporti e Palazzo Chigi possono favorire quel riassetto regolamentare, con la liberalizzazione dello scalo di Linate e la riduzione degli spazi per le compagnie low cost, uno dei paletti piantati dalla compagnia emiratina. Etihad avrebbe mostrato anche una insofferenza crescente per le polemiche, piu' di natura politica che tecnica, rispetto all'ipotesi, una certezza nei piani del ceo Hogan, di un sostanziale disimpegno da Malpensa.
L'operazione pulizia «pretesa» dall'acquirente arabo passa anche per garanzie da parte degli attuali azionisti rispetto al potenziale contenzioso legale e per una ristrutturazione del debito, nell'ordine di 400 milioni, con le banche. E se sul primo fronte sara' proprio il cda di domani a dover fornire assicurazioni, Unicredit e Intesa SanPaolo sono chiamate a uno sforzo ulteriore. Per la natura dei rispettivi finanziamenti e per la 'storia' dei crediti vantati, appare piu' facile il passo avanti per la banca di Piazza Cordusio mentre qualche resistenza in più ci sarebbe in casa Ca de' Sass.

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