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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2014 alle ore 16:24.
È finito a male parole l'ennesimo tentativo di fusione tra Barrick Gold e Newmont Mining. I due big mondiali dell'oro, che si corteggiano da almeno vent'anni, hanno di nuovo rotto le trattative per un'operazione che in teoria potrebbe essere molto vantaggiosa per entrambe, in termini di sinergie. E questa volta la rottura è avvenuta con toni particolarmente aspri, con entrambe le società che hanno divulgato giudizi taglienti sui rispettivi manager.
Il presidente di Newmont, Vincent Calarco, ha diffuso il testo di una lettera indirizzata al board di Barrick dopo le due ultime due settimane di negoziati, da cui erano trapelate solo indiscrezioni di stampa. «Mentre abbiamo trovato un impegno costruttivo e professionale nel vostro management – scrive Calarco – non si può dire che la stessa natura costruttiva abbia caratterizzato le discussioni con il vostro co-presidente su alcune questioni strategiche fondamentali e strutturali». Il riferimento è a John Thornton, indicato da Barrick come successore di Peter Munk, che ha fondato la società nel 1983 per farne un colosso attraverso una serie di acquisizioni. Proprio Munk la settimana scorsa si era lasciato andare a dichiarazioni velenose sui dirigenti di Newmont, a suo dire «non amichevoli con gli azionisti». Parole che Calarco ha preso ad esempio dello scarso rispetto che oppone i vertici delle due società aurifere.
Era stata Barrick ad annunciare per prima il fallimento dell'ipotesi di fusione, con un comunicato tranchant: «Barrick ritiene che il miglior modo di servire gli interessi degli azionisti sia combinare le nostre operazioni, il board di Newmont ha deciso che gli interessi dei soci di Newmont siano serviti al meglio se la società resta indipendente».
Twitter: @SissiBellomo
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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